La cybersecurity è in cima alla lista delle preoccupazioni delle imprese: il 65% dei decision maker a livello globale è preoccupato per gli attacchi informatici e solo il 30% si sente pronto a gestirli. Inoltre, il 90% ritiene che la propria infrastruttura It sia all’avanguardia, ma solo il 39% la considera pronta ad affrontare i rischi del futuro. Su questo fronte, l’Italia si posiziona in maniera unica rispetto al resto del mondo: solo il 20% dei nostri leader si sente pronto a gestire rischi esterni alla propria infrastruttura It e solo il 23% si ritiene pronto di fronte alla minaccia di cyber-attacchi. È quanto emerge dal Readiness Report 2024 di Kyndryl, uno studio realizzato intervistando 3.200 manager senior e decisori aziendali e unendo ai risultati del sondaggio le analisi della piattaforma digitale automatizzata Kyndryl Bridge.
Le imprese, in generale, non si sentono pronte ad affrontare i rischi esterni, ma sono in particolare i cyber attacchi la prima fonte di preoccupazione. I leader di Giappone e Italia sono in fondo alla classifica in fatto di readiness sulla sicurezza e anche sulla percezione del talent gap digitale, mentre, sul fronte opposto, si collocano India, Brasile e Cina – Paesi in cui i top manager aziendali hanno la percezione di poter fronteggiare meglio le sfide esterne, come – appunto – quelle della cybersicurezza.
Cybersecurity, le imprese italiane le più preoccupate
Tra i rischi che più allarmano, infatti, c’è un generale ritardo di preparazione per quanto riguarda gli attacchi informatici (solo il 24% del campione globale si sente pronto a gestirli con successo), ma pesano anche l’incertezza macroeconomica e il crescente skill gap che si teme di non riuscire a colmare. Nello stesso modo, c’è insicurezza sulle infrastrutture, siano esse fisiche (32%) o cloud (36%) ed esiste un netto ritardo nell’implementazione dell’Ai.
Inoltre, sebbene il 94% dei dirigenti consideri la modernizzazione tecnologica una priorità, i dati di Kyndryl mostrano che il 44% delle infrastrutture It mission-critical è prossimo al fine vita o già obsoleto, aumentando la vulnerabilità dell’intera struttura.
Non a caso, la prima sfida indicata dagli intervistati di fronte ai rischi per il business è la vulnerabilità cyber, che attrae il 56% delle risposte.
L’infrastruttura It non è “pronta” per i rischi futuri
L’Italia è anche penultima sulle misure per la cyber sicurezza e la resilienza messe in atto: il 24% del campione pensa di poter contare su misure efficaci e peggio di noi fa solo il Belgio (23%).
Un altro dato che emerge dallo studio emerge è che il 61% dei business leader non ritiene la propria infrastruttura It del tutto pronta a gestire rischi futuri. Il 36% non si sente sicuro riguardo alla propria infrastruttura cloud. Ancora una volta, l‘Italia si colloca nella parte bassa della classifica: l’infrastruttura It aziendale è “pronta” per il 31% degli intervistati, un dato che ci posiziona terzultimi prima di Germania (30%) e Giappone (27%), mentre Brasile, India e Cina sono di nuovo i Paesi che si sentono più pronti.
Sulla modernizzazione delle infrastrutture la maggior parte dei leader mondiali (71%) afferma di trovarsi nelle fasi iniziali: il 56% sta adottando nuove tecnologie digitali e il 15% sta appena cominciando.
Gestire l’Ai: privacy del dato sotto i riflettori
Anche nelle implementazioni Ai la maggior parte dei business leader (71%) non si sente pronto a gestire i rischi futuri. L’intelligenza artificiale (sia come machine learning che come Ai generativa) è un settore in cui molte imprese investono, ma solo il 42% sta vedendo un ritorno sull’investimento positivo e molte di più temono di non riuscire a fronteggiare i grandi rischi connessi con questa tecnologia, a cominciare proprio da sicurezza, privacy del dato e carenza di competenze – preoccupazioni emerse su larga scala al di là del tema dell’AI.
Anche la normativa sull’Ai è un elemento di attenzione per le imprese. Proprio sul fronte regolatorio l’Italia si colloca ancora una volta in modo diverso rispetto alla media globale: siamo l’unica nazione in cui il panorama normativo si sta evolvendo troppo lentamente, secondo quanto afferma il 24% dei leader italiani, circa tre volte la media mondiale. Si tratta di un dato rilevante, perché i nostri top manager ritengono che per il nostro paese la modernizzazione normativa sia uno dei maggiori driver di innovazione.