CYBERSECURITY

Disaster recovery, solo una pmi italiana su quattro ha un piano per evitare l’impasse

Secondo un’indagine Aruba-Bva Doxa il 68% delle piccole e medie aziende non è intenzionato ad adottare una soluzione di ripristino dati neanche nel lungo periodo, nonostante le ingenti perdite già sperimentate nel corso degli ultimi anni

Pubblicato il 17 Ott 2022

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E’ possibile prevenire un evento disastroso in ambito IT o un cyber-attacco? Non sempre, ma sicuramente è possibile limitarne i danni. Ripristinare l’accesso e la funzionalità dell’infrastruttura IT a causa di attacchi informatici, interruzioni e guasti, rappresenta per le aziende la soluzione più importante da implementare per garantire la propria business continuity. Eppure, il 73% delle Pmi italiane non è dotato di un piano di Disaster recovery. 

A rivelarlo è l’indagine condotta da Bva Doxa e commissionata da Aruba in occasione dello European cyber security month, la campagna sulla sicurezza informatica promossa in tutta Europa dall’Ue per il mese di ottobre con lo scopo di promuovere tra i cittadini la consapevolezza sulle cyber minacce e soprattutto la conoscenza dei metodi per contrastarle.

Dati migliori fra le medie imprese e gli esercizi pubblici

Poco più di un’azienda su 4, dunque, è dotata di un piano di Disaster recovery, con un’incidenza leggermente più elevata riscontrata tra le medie imprese (31%). Più incoraggianti i dati legati al segmento degli esercizi pubblici, quali alberghi, ristoranti e bar: in questo settore a disporre di un piano di Disaster recovery è il 49% degli intervistati.
Stando ai risultati della ricerca, il 68% delle Pmi intervistate non è interessato ad introdurre piani per il ripristino dei dati neanche nel lungo periodo. Più in dettaglio, è l’80% delle piccole imprese a non pianificare l’adozione di un sistema di Disaster recovery neanche nel prossimo futuro, a fronte del 53% delle medie imprese.

Eppure, come già reso noto in una recente survey targata Bva Doxa-Aruba, 7 aziende su 100 hanno sperimentato una perdita di dati nel corso degli ultimi anni, subendo in media un downtime di quasi 2 giorni e con danni economici non quantificabili per il 43% degli intervistati.  Nella stessa indagine, era stato rilevato anche come una Pmi su 4 dichiarasse di non disporre neanche di una soluzione di backup; attestando, invece, al 57% la percentuale di aziende dotate di un backup in cloud.

Backup più Disaster recovery: la strategia migliore

“Backup e Disaster recovery hanno due scopi profondamente diversi ma al contempo complementari – commenta Lorenzo Giuntini, Cto di Aruba . Il primo mira a salvaguardare il dato in seguito a cancellazioni, errori umani o in generale perdita dati. Il secondo protegge il sistema nel suo complesso, compreso il sito di erogazione, garantendo una ripartenza in tempi certi ed in qualunque circostanza, anche a seguito di disastri ambientali o catastrofici, andando quindi oltre il concetto di dato ed includendo invece tutto quello che gli orbita intorno. Visti i pericoli, anche potenzialmente disastrosi, a cui si espone un’azienda priva di questi servizi, la strategia più corretta per la sua tutela è quella di implementare entrambe le soluzioni. Per farlo non esiste un’unica via: la scelta delle soluzioni e delle modalità più adatte passa attraverso un’attenta analisi dei rischi, la classificazione dei dati e la definizione del perimetro di protezione. Solo in questo modo è possibile costruire l’infrastruttura più adeguata a garantire e ad assicurare la continuità operativa aziendale in ogni condizione.” 

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