Si servivano di schede Sim intestate a tersi e di una rete di contatti sul Dark Web per smerciare banconote contraffatte, facendosele pagare in bitcoin. A sgominare una cellula dell’organizzazione sono stati i carabinieri di Padova nel corso dell’attività investigativa coordinata dalla Procura della repubblica di Rovigo: Tre le persone che sono finite sotto inchiesta: due giovani incensurati di Este e un terzo in Toscana, in corso di identificazione. L’operazione, avviata dopo una segnalazione arrivata dalla Polizia austriaca, si legge in una nota dell’Arma, è stata realizzata con il supporto delle analisi del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria.
Dopo una serie di pedinamenti è stato arrestato il giovane che, sotto falso nome, effettuava spedizioni di banconote contraffate e sim card intestate a terzi ignari, consentendo di rintracciare a Padova 5 plichi destinati alla Grecia ed alla Svizzera, che contenevano 124 banconote per un valore complessivo di 6mila euro. Grazie all’arresto i militari hanno sequestratole apparecchiature informatiche che servivano al giovane per gestire i “negozi virtuali” attraverso i quali vendeva le banconote false, a sua volta acquistate da un gruppo di falsari campani, il “Naples group”, sul dark web, con acquirenti di diversi Paesi europei, dell’Oriente e del Nord America.
“L’attività dei giovani individuati era particolarmente redditizia – spiegano i carabinieri – atteso che, dall’analisi del portafogli elettronico in Bitcoin sequestrato all’arrestato, è emerso che erano state eseguite circa 640 transazioni per un ammontare di 79,85 Bitcoin, che al cambio attuale valgono circa 500.000 euro”.
Prendendo spunto da questa operazione i carabinieri rinnovano “l’allarme sui pericoli che si annidano nella rete, soprattutto nel deep web e nel dark web, in cui sono attivi siti, raggiungibili solo attraverso specifici software, che offrono i più svariati beni e servizi di natura illecita, quali appunto banconote contraffatte, sostanze stupefacenti, carte di credito e di debito. Tali siti occulti – concludono i militari – consentono di riciclare i più diversi oggetti proventi di delitti, offrono guide, chiaramente dietro compenso, per hackerare account dei più noti social network”.