Si chiama David Sirca, l’informatico 47enne di Malchina, sul Carso triestino, denunciato dai Carabinieri del Nucleo investigativo di Livorno per aver tentato di estorcere 150mila euro in bitcoin alla tenuta San Guido, minacciando altrimenti di incendiare le vigne dell’azienda di proprietà della famiglia Incisa della Rocchetta, che produce il celebre vino Sassicaia a Bolgheri (Livorno).
L’informatico è in carcere dallo scorso mese di giugno per altri tentativi di estorsione, tutti senza successo. La tecnica utilizzata era sempre la stessa: chiedeva fino a 200 mila euro in criptovalute, secondo modalità non tracciabili, ad aziende produttrici d’acqua e catene di supermercati minacciando, in caso di mancato pagamento, di avvelenare cibo e acqua con iniezioni di cianuro e tallio, come accertato dall’inchiesta, coordinata dall’aggiunto della Procura di Roma Giovanni Conzo. L’accusa è tentata estorsione. Sirca, inoltre, stava già scontando la pena alternativa dei servizi sociali per frodi informatiche.
L’imputato rigetta le accuse
Tuttavia, il quotidiano Il Piccolo riporta alcune frasi dell’avvocata Astrid Vita, difensore di Sirca, che rigetta le accuse: “Il mio assistito si dichiara innocente, ha fatto delle cose sbagliate in passato ma non ha mai scritto ad alcuna azienda”, precisando di aver “ricevuto lo scorso luglio due mail da un gruppo di hacker, in cui si sono assunti tutte le responsabilità del fatto. Spiegano che lui era riuscito ad avvicinarsi ai loro sistemi informatici che loro non avevano gradito, e che per punirlo avevano inviato quelle mail di minacce a lui riconducibili, cercando di incastrarlo. Ora, di fatto, vogliono aiutarlo”. In questo senso, la legale ha detto di aver già informato la Polizia postale di Roma.
La storia del Sassicaia
“Una minaccia generica, ma di certo, visto anche il momento di grave emergenza siccità e caldo record, un grave pericolo potenziale per l’azienda del marchese Niccolò Incisa della Rocchetta e della figlia Priscilla, che continuano con successo la tradizione intrapresa dal marchese Mario (padre di Niccolò) e dall’enologo Giacomo Tachis, che ebbero un’intuizione fenomenale – spiega La Nazione in un articolo dedicato al Sassicaia. “Furono loro, infatti, a utilizzare per primi i vitigni bordolesi cabernet sauvignon e cabernet franc sulla costa toscana ottenendo dei risultati strepitosi, per molti alla pari o addirittura migliori dei vini prodotti nella zona di Bordeaux”, si legge nel pezzo.
“Un vino nato da un vigneto sperimentale impiantato in un terreno sassoso (Sassicaia), e inizialmente riservato solo al consumo domestico del marchese e della Tenuta. Infatti fino al 1994 il Sassicaia era registrato come ‘vino da tavola’, ma aveva già scalato le classifiche mondiali, e una bottiglia all’epoca aveva già infranto il muro simbolico delle centomila lire. Ora le cifre sono ulteriormente salite, a parte le bottiglie speciali, una normale bordolese da 750 millilitri va dai 200 ai 350 euro“, continua l’articolo. “E’ uno dei vini più famosi nel mondo, uno dei grandi marchi del ‘Made in Italy’. Un brand di grande valore economico che racchiude in un bicchiere sensazioni uniche, ma per questo spesso sotto l’attacco di falsari, truffatori e menti criminali”, conclude.