COMPETENZE

Taranto capitale della cybersecurity italiana?

L’università di Bari apre un centro basato sull’intelligenza artificiale di Watson. Danilo Caivano: “Siamo al top della tecnologia, una delle poche installazioni in Italia dove l’AI è al servizio della sicurezza informatica. Vogliamo sfornare bravi professionisti”

Pubblicato il 01 Ott 2018

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Un laboratorio di cybersecurity che si basa su tecnologie all’avanguardia e utilizza l’intelligenza artificiale per la sicurezza informatica, dove si farà contemporaneamente didattica e ricerca. La nuova struttura Sorge a Taranto su iniziativa dell’Università di Bari e grazie a un finanziamento della Regione Puglia. Aperto ai 40 studenti iscritti al corso avviato a Taranto, il corso sarà per la ricerca al servizio dei circa 3mila iscritti del dipartimento di informatica.

Ad annunciare l’apertura del nuovo centro, che potrà contare sulla tecnologia Watson di Ibm, è Danilo Caivano, docente del dipartimento di informatica dell’ateneo, durante il convegno “The hack spac” organizzato nella cornice del mese europeo per la cybersecurity.

Caivano definisce il laboratorio come “al momento, probabilmente, il più performante in Italia”. “Siamo all’anno zero, questo è il momento in cui investire – spiega – Speriamo di sfornare bravi professionisti, e non ragazzotti che vadano in giro a fare danni, prova ne sia il fatto accaduto di recente con l’hacking su Facebook in cui 50 milioni di account sono stati violati. Speriamo, facendo cultura e formazione sulla cybersecurity, di evitare questi scenari e creare invece qualcosa che possa essere utile al sistema Paese”.

“Nel nostro Paese – prosegue il docente – ci sono altri corsi di laurea che trasferiscono competenze tecnologiche, ma in pochi riescono a dare un intervento incisivo a tutto tondo. Oggi sicurezza informatica significa sicurezza in rete, sicurezza applicativa, ma anche sicurezza organizzativa. Oggi tipicamente il grosso si concentra sulla sicurezza in rete, che è il problema più sentito. In realtà dobbiamo rifondare da zero il percorso, perché occorre che i ragazzi incominciano a sviluppare software sicuro, che fino ad ora non è stato fatto. Significa che i ragazzi devono avere chiara qual è l’organizzazione che un’impresa, un ente, si deve dare per poter rispondere ad un attacco, studiarlo e predisporre le misure, perché non accada più. Questo ad oggi lo fanno in pochi”.

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