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5G, Italia ai blocchi di partenza: sarà un nuovo Eldorado?

Tim, Vodafone, Wind-3 e Fastweb già in campo con i propri progetti, ma le incertezze politiche potrebbero rallentare i tempi di sperimentazione

Pubblicato il 16 Dic 2016

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Prima del 2020 non lo toccheremo con mano. Ma il 5G mobile sta già facendo parecchio parlare di sé. E l’Italia punta a giocare un ruolo da protagonista nella partita mondiale, al punto da ambire ai vecchi fasti, quelli che all’epoca del Gsm fecero del nostro Paese la “culla” della telefonia mobile.

Tim e Vodafone le prime ad annunciare progetti. La società guidata da Flavio Cattaneo è stata la prima ad annunciare l’arrivo del 5G in tre città, di cui la prima al Nord, entro il 2020. “Siamo molto impegnati nel sostenere lo sviluppo del 5G con Ericsson e nei nostri laboratori di ricerca a Torino – ha detto il presidente Giuseppe Recchi in occasione del 5G Global Summit -. Così potremo rispettare l’obiettivo di avere una grande città in 5G entro il 2020.

Stiamo definendo quale sarà la città”. Tim peraltro ha siglato un accordo con Ericsson – unico nel suo genere in Italia – per avviare “5G for Italy”, un programma che mira a creare un ecosistema aperto per la ricerca e la realizzazione di progetti innovativi abilitati dalla tecnologia di quinta generazione. Si tratta della prima iniziativa in Italia che punta ad aggregare industrie, istituzioni, università, centri di ricerca, amministrazioni locali e piccole e medie imprese per sviluppare e testare nuovi servizi e progetti pilota in chiave 5G. Un’iniziativa analoga vede protagoniste Oltremanica BT e Nokia che hanno deciso di allearsi in nome dello sviluppo di iniziative in grado di spingere lo sviluppo del 5G. L’accordo Tim-Ericsson punta anche a individuare i trend emergenti nel panorama italiano e internazionale per studiare nuove opportunità tecnologiche e di business che la tecnologia 5G introdurrà nel mercato a partire dal 2020.

Da parte sua Ericsson conta all’attivo anche il centro di ricerca per la fotonica di Pisa dedicato proprio al 5G. E la società, guidata in Italia da Nunzio Mirtillo, nei giorni scorsi ha messo inoltre nero su bianco, nel Mobility Report, le stime sulla diffusione del 5G a livello globale: saranno 550 milioni gli abbonamenti al 5G nel 2022 e nel 2020 saranno disponibili le prime reti 5G standardizzate. Anche Vodafone è pronta a connettere le città italiane con il 5G. L’amministratore delegato Aldo Bisio ha annunciato, i primi di novembre, che la compagnia effettuerà “la copertura 5G di 3 grandi città italiane nel 2020 successiva alla fase sperimentale”.

La società ha già chiesto al Mise di poter testare la tecnologia anche se al momento nessun dettaglio è stato svelato in merito alle tre città che saranno coinvolte nella sperimentazione. Riguardo al “colosso” nascente Wind-3, nonostante non siano ancora arrivati gli annunci ufficiali secondo quanto risulta a CorCom arriveranno presto: la società capitanata da Maximo Ibarra – sempre secondo quanto risulta al nostro giornale – sta effettuando sperimentazioni ed ha attivato il processo di adeguamento della rete per poter attivare il nuovo standard per tempo. Ha intanto deciso di scendere in campo Fastweb che nei giorni scorsi ha annunciato la realizzazione di una propria rete di quinta generazione in grado di portare la banda ultralarga mobile nelle grandi città italiane, dove risiede il 20% della popolazione, all’appuntamento con il 2020. Il tutto grazie a un’infrastruttura ibrida fisso-mobile composta da tre ingredienti: la fibra, oltre 20mila cabinet (che saliranno a 50mila nel 2020) già predisposti a ospitare le small cell e le frequenze a 3,5Ghz che saranno prese in affitto da Tiscali con cui è stato appena siglato un accordo. In quanto a sperimentazioni il governo Renzi aveva annunciato l’avvio di un test in tre città (una al Nord, una al Centro e una al Sud) già nel 2017.

Ma l’uscita di scena del premier potrebbe rallentare i piani annunciati in occasione del 5G Global Event di Roma da Antonello Giacomelli. Fra l’altro era stato pensato anche in chiave 5G il rinnovo anticipato di un anno nelle bande 900 e 1800 Mhz per gli operatori mobili (messo nero su bianco nella Legge di Stabilità), “pur non obbligatorio è un’opportunità finalizzata anche a consentire una base di sviluppo per il 5G”, aveva puntualizzato il sottosegretario alle Comunicazioni.

La partita più importante si giocherà però sulla banda 700 Mhz, ossia sul passaggio delle frequenze alle telco: la roadmap europea è stata fissata (dal Consiglio Ue) fra il 2020 e il 2022. L’Italia, sempre stando ai piani annunciati da Giacomelli, sarebbe allineata alle scadenze. Ma i vari step che accompagnano la migrazione potrebbero subire ritardi a causa del “limbo” politico pre-elettorale. A ulteriore riprova del fermento in atto nel nostro Paese l’Agcom – a seguito della relazione dei commissari Antonio Nicita e Antonio Martusciello – ha deciso di avviare un’indagine conoscitiva (della durata di 180 giorni) sullo sviluppo dei sistemi mobili 5G e sull’utilizzo di nuove porzioni di spettro al di sopra dei 6 GHz, con il duplice obiettivo di fotografare lo stato dell’arte e soprattutto di orientare lo sviluppo di “modelli” efficienti. “Le nuove reti 5G – si legge nella delibera dell’Autorità – dovranno supportare lo sviluppo del mondo di Internet of Things, incluse le comunicazioni M2M (Machine-to-machine) e i nuovi servizi che si stanno sviluppando in diversi e importanti settori, tra cui l’automotive, i trasporti, la manifattura e l’industria, l’energia, la sanità, l’agricoltura e il media & entertainment”. “È essenziale – puntualizza l’Authority – avviare una specifica indagine conoscitiva per indagare le prospettive di sviluppo dei sistemi wireless e mobili verso la quinta generazione a livello nazionale, analizzando l’evoluzione delle architetture di rete, valutando lo sviluppo delle principali applicazioni previste per le nuove reti, i piani di sviluppo sull’uso dello spettro e il grado di interesse del mercato per le bande di frequenza candidate per il 5G”.

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