Nulla di fatto in commissione alla Camera per l’innalzamento dei limiti del 5G. L’emendamento presentato al dl Recovery è stato prima accantonato e poi, in nottata, bocciato insieme a tutti quelli non ancora esaminati e su cui non era stato espresso esplicito parere dei relatori e del governo. La proposta di modifica – presentata da Italia Viva – alzava i limiti all’elettrosmog italiani (oggi a 6 volt/metro) portandoli a 61 volt/metro ed adeguandoli così a quelli di altri Paesi europei.
“Il governo e il Paese hanno perso l’occasione di favorire un balzo tecnologico in avanti, favorendo lo sviluppo del 5G in maniera più rapida, efficiente e rispondente gli obiettivi fissati dal Pnrr – dicono i parlamentari di Italia Viva Marco Di Maio, Silvia Fregolent e Luciano Nobili – L’emendamento che abbiamo presentato avrebbe semplicemente consentito al Governo di adeguare i livelli di emissione dei campi elettromagnetici a quelli della stragrande maggioranza degli stati europei, sicuramente di tutti quelli considerati ‘campioni’ di ecologismo. Dispiace che proprio il ministero dello Sviluppo Economico non abbia voluto credere in questa proposta, dato che i ministeri della Transizione ecologica, della Transizione digitale e della Salute avevano espresse parere favorevole. A testimonianza che i fantomatici rischi per la salute non esistono (come già comprovato dal fatto che gli stati europei utilizzano il medesimo limite). Siamo certi – concludono – che si tratti di un errore di valutazione e che in altri provvedimenti il ministero si porrà favorevolmente verso una misura di buonsenso e di sostegno al Paese, alle aree urbane e soprattutto a quelle più periferiche”.
Le reazioni dell’industria
Un’occasione persa anche per le telco. Secondo Benoit Hanssen, Direttore Technology di WindTre “limitare la potenza delle antenne vuol dire obbligare gli operatori a installare nuovi impianti di trasmissione, con la conseguenza di un maggiore impatto sul paesaggio e sulle città, maggiori consumi energetici, più oneri per la burocrazia. Senza nessun motivo, perché ovunque nel mondo si rispettano le linee guida internazionali, che dopo vent’anni di applicazione su scala globale si sono dimostrate affidabili nella protezione della salute”.
“Con un tetto così basso alla potenza delle antenne” servirebbero più impianti con conseguente “invasione di antenne”. Soluzione che però “non è praticabile perché sappiamo che la disponibilità a concedere lo spazio per nuovi impianti è molto limitata”.
Quindi, dice Hanssen, “se non si alzano i limiti e non si rilasciano permessi per installare nuove antenne il risultato può essere soltanto una rete congestionata, non in grado di reggere un traffico dati che cresce al ritmo del 40-50% l’anno”.
“Durante il lockdown la rete ha sorpreso tutti per la sua tenuta ma questa resilienza non è frutto di un caso: in Italia sono stati investiti dalle Telco 100 miliardi di euro tra 2007 e 2020. Uno sforzo enorme – prosegue Hanssen – che ha permesso alla comunità nazionale di reagire e continuare a produrre. In futuro potrebbe non essere cosi’ a causa dei limiti che l’Italia si è scelta”.
“Per l’Italia – conclude l’esperto di WindTre – il rischio è di trovarsi in una trappola competitiva: dispone di uno dei più importanti tessuti industriali del mondo, che deve continuare a digitalizzarsi per competere con gli altri paesi, ma potrebbe perdere terreno a vantaggio di Francia e Spagna, così come dei paesi emergenti in Asia”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Emanuele Iannnetti, presidente ed Ad di Ericsson Italia. “Dopo una crisi senza precedenti, oggi l’Italia con il Pnrr ha un’opportunità unica per tornare leader in Europa e nel mondo. Il Governo ha deciso di far leva sulle potenzialità del digitale per innescare e favorire la ripresa – evidenzia Iannetti – Ed è proprio la diffusione rapida, omogenea e capillare del 5G e della banda ultra larga, una delle condizioni per trasformare e rigenerare interi settori della nostra società ed economia. Per non vanificare gli sforzi fin qui compiuti, sono altresì necessarie alcune improcrastinabili riforme, tra cui l’armonizzazione dei limiti elettromagnetici italiani, oggi tra i più bassi al mondo, a quelli europei”.
Per Iannetti “la bocciatura dell’emendamento al Dl Recovery, che mirava a equiparare i limiti di emissioni italiani a quelli già precauzionali e scientificamente sicuri suggeriti dalla Commissione Internazionale sulla Protezione per le Radiazioni Non Ionizzanti (Icnirp), e adottati tra gli altri da Germania, Francia, Regno Unito, Spagna, rischia di trasformare il divario digitale in abisso digitale, ponendo tutto il Paese in una condizione di svantaggio competitivo. Invitiamo tutte le componenti politiche a riconsiderare la decisione presa avviando sin da subito un confronto fondato su basi scientifiche, in linea con quanto già riscontrato dalle istituzioni sanitarie nazionali, accademici ed esperti del settore”.