A Pistoia il robot “bambino” che simula i casi clinici

Jacopo la “creatura” adottata dall’équipe pediatrica dell’ospedale toscano. Agostiniani: “Il futuro è nella simulazione”

Pubblicato il 29 Dic 2014

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“Mi sarebbe piaciuto che Jacopo indossasse la maglia dell’Inter, la mia squadra del cuore, ma alla fine abbiamo optato per quella della nazionale italiana, così da non scontentare nessuno”. Non difetta certamente d’ironia Rino Agostiniani, responsabile dell’area materno infantile dell’azienda Usl 3 Pistoia, quando al Cor.Com parla di Jacopo, il manichino “simulatore” collegato ad un computer dedicato e capace di mimare numerosi stadi clinici.

L’equipe pediatrica dell’ospedale di Pistoia ha deciso di chiamarlo con lo stesso nome del nuovo presidio toscano, dunque con un nome umano, poiché rimanda a un bambino in tutto e per tutto. “Osservandolo ti dimentichi della sua natura. È alto meno di un metro, non parla ma respira, muove gli occhi e se gli comprimi il torace si lamenta. La sua pressione arteriosa può scendere o salire, e anche il battito cardiaco può cambiare ritmo. Le sue condizioni cliniche possono migliorare o peggiorare, fino a richiedere terapie intensive e rianimatorie”, spiega Agostiniani. Donato al reparto dall’associazione Mofema onlus, Jacopo è destinato alla formazione di medici e infermieri: attraverso questo importante strumento, infatti, gli operatori possono simulare la gran parte delle procedure assistenziali che devono svolgere quotidianamente sui piccoli ricoverati.

Con numerosi vantaggi. “Grazie a questo manichino possiamo riprodurre situazioni sanitarie reali che possono verificarsi nel bambino durante l’emergenza urgenza, al momento del ricovero e simulare manovre mediche, terapeutiche e rianimatorie di ogni tipo. Con l’opportunità di modificare tutti i parametri vitali di Jacopo, induciamo gli operatori, attraverso i loro interventi e trattamenti, a ripotarli alla normalità”, riprende Agostiniani, che sottolinea “l’importanza di un percorso di formazione svolto all’interno di un reparto rispetto ad un’aula. Il coinvolgimento è decisamente maggiore, perché apprendere ed esercitarsi sul luogo di lavoro rappresenta la strada migliore per acquisire capacità mentali e tecniche”.

In che modo si svolgeranno le esercitazioni per il personale? “Le affronteremo puntando sull’allestimento di scenari e situazioni cliniche reali, ovvero condizioni che possono verificarsi concretamente nel quotidiano”, risponde Agostiniani, che però non si sente un innovatore. “C’è una area scientifica dedicata alla simulazione come strumento di apprendimento per adulti. A livello regionale cito due validi professionisti: Marco De Luca, referente per il programma aziendale di simulazione del Meyer di Firenze e Armando Cuttano, responsabile del centro di formazione e simulazione neonatale Nina dell’azienda ospedaliero universitaria pisana. Appassionati e con voglia di fare. Come me”.

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