Da almeno un anno Adobe sta puntando su un modo nuovo di proporre
l’informatica. Va sotto il nome di Customer experience management
(Cem). Uno dei tanti slogan di marketing? Forse in parte lo è ma
è soprattutto “un approccio innovativo di concepire il disegno
delle applicazioni enterprise basato non sull’utilizzo di
tecnologie in quanto tale ma sulla valorizzazione delle esperienze,
delle interazioni e delle abitudini degli utenti” per dirla con
le parole di Ben Watson, principal customer experience marketing di
Adobe, che il Corriere delle Comunicazioni ha incontrato a Milano
in occasione del tradizionale incontro della società con i suoi
partner.
“Abbiamo fatto delle ricerche e scoperto che se un buon terzo dei
progetti It fallisce o non dà i risultati attesi il motivo è uno
solo: non si sono tenuti in dovuta considerazione le esigenze di
coloro che nelle aziende utilizzano le applicazioni”. Per questa
ragione Adobe ha sviluppato una piattaforma Cem, formata da una
serie di applicazioni specifiche, che consentono ai suoi partner di
realizzare soluzioni su misura e rispondenti ai criteri di questo
nuovo approccio. Nel nostro paese Telecom Italia è una delle
organizzazioni che hanno tratto benefici da detta filosofia. Anche
Unicredit è un altro cliente Adobe soddisfatto del Cem. Ma quali
sono i principali benefici del modello Cem?
E’ sempre Watson a parlare: “In ultima istanza l’obiettivo
dichiaratamente più importante è quello del miglioramento della
produttività, che viene raggiunta dalla sommatoria di un insieme
di fattori tra i quali evidenzio la esperienza d’uso, intesa come
la soddisfazione da parte degli utenti di un sistema It nel quale
si riconoscono e quindi incontrano poche difficoltà di
adattamento; poi c’è u aspetto di maggiore velocizzazione di
apprendimento delle applicazioni e quindi di efficientamento dei
processi”. Di Cem si parla da tempo ma solamente da poco è
entrato nel vivo delle sviluppo. Ci sono dei freni. In primis
culturali: non è facile spiegare all’utenza enterprise i
vantaggi di un approccio di questo genere, focalizzato sugli
utenti. C’è poi un retaggio tecnologico ancora forte e tuttora
“difeso” da un ancora elevato numero di Cio, che in parte
temono di essere spinti a destra dalle business lines.
Ma non per molto. Inoltre mancano figure professionali skillate per
implementare progetti Cem. Nel mondo, ha detto sempre Watson,
stanno nascendo delle associazioni che si prefiggono di
sensibilizzare le aziende su questo tema e in questo modo favorire
anche percorsi formativi. Una di queste è la Cexp: nel giro di
pochissimi anni i suoi membri sono aumentati da 500 a più di
30mila.
Adobe ha deciso di investire molto in questa direzione, stimolata
da cinque fattori: live, social, dynamic, mobile e cloud, sempre
per dirla con le parole di Watson. E’ stata messa a punto anche
una roadmap di prodotti e eventi tra cui, nel 2012, il “Cem
cloud”.
In particolare la versione più recente della piattaforma Cem di
Adobe permette alle aziende di far leva sulle potenzialità dei
nuovi dispositivi mobili e sulle social community per estendere la
portata delle attività marketing, aumentare il coinvolgimento con
il brand e incrementare il tasso di conversione degli attuali
consumatori digitali. Sono inclusi inoltre miglioramenti a livello
di prodotto tra cui i nuovi moduli di CQ5 per il mobile e per la
gestione di campagne marketing.
CQ5, segnala Roberto Caffarone, enterprise sales director di Adobe,
è l’unica suite unificata di strumenti di content management che
include applicazioni di Web Content Management, mobile, social
collaboration, Marketing Campaign Management e Digital Asset
Management. La suite, inoltre, aggiunge le funzionalità
dell’Adobe Online Marketing Suite per consentire alle aziende di
realizzare soluzioni che integrano presenza sul Web e applicazioni
business per erogare contenuti mirati verso segmenti di utenza
specifici e su molteplici canali e per trasformare un sito Web da
generica piattaforma di comunicazione a canale focalizzato in grado
di generare contatti commerciali e accrescere il business.