Giugno e luglio sono mesi in cui tradizionalmente nelle agende di molti di noi sono segnati appuntamenti importanti e attesi annualmente – no, non mi riferisco ai più prosaici meeting con i nostri commercialisti, in vista del pagamento delle tasse, penso invece alle Relazioni annuali al Parlamento delle nostre Autorità di controllo e garanzia, in primis a quella del Garante per la protezione dei dati personali e a quella dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Un filo conduttore unico ha caratterizzato, quest’anno, molta parte tanto della Relazione del Presidente del Garante privacy, Antonello Soro, quanto di quella del Presidente dell’Agcom, Angelo Marcello Cardani: Internet.
Il campo di azione delle due Autorità è, come noto, vastissimo e si intreccia continuamente l’uno con l’altra. L’Agcom, per elezione, ha alcuni mercati di riferimento definiti, quali quelli delle comunicazioni in genere, dei media ed in particolare di quelle che una volta si chiamavano telecomunicazioni. Il Garante invece spazia istituzionalmente in maniera trasversale in tutti gli ambiti sociali, istituzionali ed economici del Paese, considerato che nessun soggetto, persona fisica, giuridica, ente pubblico, associazione o istituzione dello Stato può far a meno di trattare dati personali altrui nell’esercizio delle proprie attività e può quindi ritenersi immune dal controllo, in teoria, da parte del Garante e dall’applicazione, in senso lato, del Codice privacy e dei provvedimenti regolatori del Garante stesso.
Internet raccorda a fattore comune l’azione delle due Autorità. Non è un caso, infatti, che l’Agcom abbia da poco pubblicato gli esiti eccellenti di una consultazione pubblica sull’Internet delle Cose e che al momento siano ancora aperti i termini per inviare i contributi ad una medesima iniziativa lanciata qualche mese fa dal Garante.
E di Internet le due Autorità si occupano da tempo, basti ricordare lo storico provvedimento del Garante sull’uso di posta elettronica e Internet sui luoghi di lavoro del 2007, a firma del presidente Pizzetti, così come le importanti azioni intraprese negli anni nei riguardi di grandi attori della rete, a partire dai provvedimenti adottati dal Collegio presieduto da Stefano Rodotà, fino all’ultimo protocollo di verifica siglato dall’attuale Garante con Google, in base al quale l’Autorità italiana e il gigante del web hanno avviato un protocollo di collaborazione, non solo nel senso tradizionale della dialettica controllore-controllato, ma anche nell’ottica di capire e studiare insieme la fenomenologia e l’evoluzione della rete, pur nel rispetto dei differenti ruoli.
Tuttavia, lo sviluppo e la sicurezza di Internet passano anche attraverso l’attivazione e l’implementazione di politiche infrastrutturali degne di questo nome. Al riguardo, il Presidente dell’Agcom ha, da un canto, segnalato come sulla base di uno studio dell’Ue “una più incisiva politica di digitalizzazione possa generare una crescita del Pil Ue del 4% nel prossimo quinquennio, per un valore di 520 miliardi di euro”. Ma, al tempo stesso, se il Paese non accelera sulle infrastrutture a banda ultralarga, molte delle speranze dello sviluppo del Paese riposte nelle capacità della rete, rischiano di restare deluse. Non è un mistero che gli indicatori sulla penetrazione della banda ultralarga in Italia presentino un grado di arretratezza vistoso rispetto all’Europa. L’Italia registra un livello di copertura del 36% contro il 68% dell’Ue, con un digital divide pari al doppio di quello europeo e con realtà locali in cui si arriva al 100% di assenza di reti a banda ultralarga.
Secondo Cardani “ancora più critica la situazione se si considera il livello di penetrazione: solo il 4% delle famiglie utilizza connessioni >30 Mbps (contro il 26% dell’Ue) e praticamente nulle sono le connessioni >100 Mbps (9% nell’Ue)”. Le Autorità di controllo e garanzia hanno fatto e continuano a fare la loro parte, ma potrebbe non bastare. Governo e Parlamento devono porre ancor di più, senza ritardi ed incertezze, al centro di tutte le loro azioni Internet, solo in tal modo si potrà tentare di agganciare il più grande cambiamento nella storia dell’uomo degli ultimi 500 anni.