L'APPROFONDIMENTO

Agenda 2030, l’intelligenza artificiale driver di sviluppo sostenibile

L’AI applicata a programmi che contribuiscono a realizzare un nuovo modello, più attento all’ambiente e più equo, è la chiave per raggiungere gli obiettivi dell’Onu. L’analisi del presidente di Axia, Piero Poccianti

Pubblicato il 15 Ott 2020

Piero Poccianti

presidente Aixia

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Non ci sono passeggeri sull’ “astronave Terra”. Siamo tutti membri dell’equipaggio.(Marshall McLuhan)

Il 12 Settembre 1962 nello stadio della Rice University, di fronte a più di 35.000 persone John Fitzgerald Kennedy dichiara: “Abbiamo iniziato questo viaggio verso nuovi orizzonti perché vi sono nuove conoscenze da conquistare e nuovi diritti da ottenere, perché vengano ottenuti e possano servire per il progresso di tutti. Abbiamo deciso di andare sulla Luna”.

È stata una sfida entusiasmante che ha portato a molte nuove scoperte, crescita economica e benessere della popolazione.

Oggi abbiamo davanti una nuova sfida, ancora più impressionante e difficile. Ancora una volta è una sfida che coinvolge lo spazio, ma adesso riguarda l’astronave che ospita tutti noi nel viaggio nell’universo: la Terra.

Non siamo abituati a pensare alla Terra come un’astronave anche perché le teorie economiche tradizionali giudicano come risorse scarse il capitale ed il lavoro, ma dichiarano le risorse ambientali senza limiti ed inalterabili.

Teorie che finalmente iniziamo a comprendere come errate. Seppur manchi ancora un accordo ufficiale, molti ricercatori affermano che dopo l’Olocene (epoca iniziata 11mila anni fa) stiamo entrando nell’Antropocene: l’era caratterizzata da mutamenti geofisici dovuti alle attività umane.

Se distruggiamo l’astronave che ci ospita, mettiamo a rischio la nostra sopravvivenza.

Oltre al riscaldamento globale, ormai accertato da moltissimi studi e dalla quasi totalità dei ricercatori, ci sono evidenze di una sesta estinzione di massa (entro pochi decenni il 75% delle specie viventi potrebbero scomparire), inquinamento da plastica, pesticidi e insetticidi (che stanno portando a gravi problemi per gli impollinatori) e molti altri effetti negativi che minano il sistema di sopravvivenza della nostra grande astronave.

Ci sono studi che affermano che anche la pandemia in corso è dovuta ad alcune attività umane che provocano danni per l’ecosistema: gli allevamenti intensivi, la diminuzione della biodiversità e la distruzione delle foreste potrebbero rappresentare le cause di questa e altre pandemie che si sono succedute negli ultimi decenni.

Tutto questo ha portato alla definizione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (in inglese Sustainable Development Goals, SDG), o Agenda 2030, che riconosce lo stretto legame tra il benessere umano e la salute dei sistemi naturali con la presenza di sfide comuni che tutti i Paesi sono chiamati ad affrontare. L’Agenda, sottoscritta dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU, tocca diversi ambiti, interconnessi e fondamentali per assicurare il benessere dell’umanità e del pianeta: dalla lotta alla fame all’eliminazione delle disuguaglianze, dalla tutela delle risorse naturali all’affermazione di modelli di produzione e consumo sostenibili.

Obiettivi raggiungibili però solo se siamo disponibili a mettere in discussione l’attuale modello economico e sociale. È ormai evidente infatti che estremizzare l’obiettivo di aumentare i consumi, il PIL e il profitto, sta portando solo ad effetti distopici. Un risultato dimostrato non più soltanto da tanti importanti economisti, ma anche dal rinnomato Financial Times che, a dicembre 2019, ha lanciato un programma dal titolo “Time to reset capitalism”, raccomandando di considerare tutti gli stakeholders delle aziende: non solo i possessori delle azioni, ma anche i cittadini e i lavoratori.

È necessario concentrarsi sullo sviluppo sostenibile: misurare i progressi in questa direzione, i costi che generiamo, i danni che produciamo.

L’Europa sta facendo passi avanti in questa direzione: spingendo verso un’economia circolare, definendo una serie di indicatori misurabili e condivisi per superare il PIL (oggi ancora unica misura dello sviluppo) e ricercando una strategia di evoluzione delle nuove tecnologie e dell’Intelligenza Artificiale in particolare, che eviti effetti negativi e generi un aumento del benessere per tutti.

L’Institute for Computational Sustainability (ICS), fondato nel 2008 con il sostegno di Expeditions in Computing della National Science Foundation e guidato da Carla Gomez, si concentra sul nuovo campo emergente della Sostenibilità Computazionale per supportare la risoluzione di alcuni dei problemi più impegnativi del nostro tempo.

La fondazione AI for Good, nata nel 2017, ha invece l’obiettivo di coordinare la comunità di ricerca sull’intelligenza artificiale, i tecnologi, i dati, le infrastrutture di calcolo, i responsabili politici e il pubblico in generale per ottenere significativi risultati basati proprio sull’IA a favore dei 17 obiettivi e dell’agenda 2030.

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