Agenda digitale, Aglieri: “Serve una cabina di regia, Regioni centrali”

Per raggiungere gli obiettivi è necessaria una governance forte a Palazzo Chigi, i territori possono diventare “hub” verso le città. L’analisi di Leandro Aglieri, consigliere con delega all’IT de Litaliaintesta

Pubblicato il 30 Set 2015

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Il 28 settembre 2015 si è svolta presso il Politecnico di Milano il workshop dell’Osservatorio Agenda Digitale con il tema: Agende Digitali Regionali: verso un maggiore coordinamento.

Presente una rappresentanza delle Regioni e di qualche Società di Information Technology “in house” oltre ad una rappresentanza di molte aziende del settore e di alcune associazioni tra le quali anche LITALIAINTESTA.

Dalla esauriente relazione tenuta, emerge una situazione molto eterogenea con differenti livelli di “maturità” dei Piani Strategici di Digitalizzazione delle singole Regioni.

Presenti anche il Direttore Generale dell’Agid, oltre a rappresentanti dell’Agenzia della Coesione Territoriale e della Commissione Speciale sull’Agenda Digitale. Presente anche il Cisis, Centro Interregionale per i Sistemi Informatici, geografici e Statistici.

Quello che emerge è che non esiste un unico centro di coordinamento nazionale che abbia la competenza di tutto lo spettro della digitalizzazione (Dalle infrastrutture di base – banda ultra larga – ai servizi al cittadino – Software As A Service, passando per le Smart Cities).

Ma soprattutto non c’è una Governance che garantisca la coerenza della azioni strategiche di digitalizzazione dal centro alla periferia, non c’è nessuna garanzia che una strategia dichiarata a livello dell’AGID venga poi perseguita con lo stesso impegno ai livelli regionali e comunali.

Noi de LITALIAINTESTA avevamo già circa un anno fa dichiarato che la strategia nazionale per poter essere realmente realizzata doveva necessariamente passare per la sua contestualizzazione nelle regioni di cui è composta l’Italia.
Ed Antonio Samaritani – Direttore Generale dell’Agid – è sulla stessa linea quando dichiara – correttamente – che le Regioni devono fungere da “Hub” verso i livelli delle Città Metropolitane e dei Comuni.

Noi ritenevamo – andando oltre – che in tale ambito la Conferenza Stato Regioni potesse rappresentare un livello di granularità sufficiente ma non eccessivo per il coinvolgimento indispensabile degli enti territoriali che di fatto saranno poi gli attuatori del Piano Strategico di Digitalizzazione dell’Italia.
Ma aggiungevamo che per dare autorevolezza a tale decisione il Direttore Generale dell’AGID avrebbe dovuto sedere come membro permanente (e non occasionale) della Conferenza Stato Regioni per confrontarsi con i Presidenti delle Regioni ed assicurarsi di evitare errori e duplicazioni nella interpretazione del Piano.

Attualmente invece il ruolo di raccordo politico sembra essere svolto in qualche caso dalla Commissione Speciale sull’Agenda Digitale ed in altri casi dall’Agenzia per la Coesione Territoriale.

Il condizionale è d’obbligo tanto è vero che ad un certo punto uno degli intervenuti alla tavola rotonda ha formulato la seguente domanda che è rimasta senza risposta “Quale è il luogo verso cui si fanno convergere tutte le azioni sull’Agenda Digitale ?”

Noi de LITALIAINTESTA avevamo già proposto una risposta in tal senso: secondo noi l’Agid deve avere il ruolo di “braccio operativo” nel settore della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione nell’ambito delle strategie “politiche” decise da una “cabina di regia” che deve essere necessariamente collocata al giusto livello organizzativo e che deve coinvolgere tutti gli stakeholders coinvolti.

Per essere più espliciti tale cabina di regia deve dipendere dalla Presidenza del Consiglio e deve avere un unico coordinatore.

Proviamo ad aggiornare e riproporre la nostra “vision” sulla Governance della Innovazione in Italia alla luce degli ultimi aggiornamenti.

GOVERNANCE DELL’INNOVAZIONE IN ITALIA

LIVELLO PAESE – Strategia
A livello nazionale deve esistere una “cabina di regia” che può essere composta anche da diversi enti e commissioni (Agenzia per la Coesione Territoriale, CISIS, Commissione speciale per l’Agenda Digitale, …), ma poi deve esserci qualcuno che ne rappresenti la sintesi ed i risultati in un documento “Piano Strategico di Digitalizzazione dell’Italia” al Presidente del Consiglio e da lui vengano avallati per la successiva approvazione in Consiglio dei Ministri.

LIVELLO PAESE – Execution
Tale documento servirà da input univoco per l’AGID che a quel punto non avrà più dubbi sul da farsi e potrà stabilire un Piano Operativo di Digitalizzazione dell’Italia, Piano Operativo che non può che passare – per una gran parte – attraverso le Regioni, le Citta Metropolitane ed i Comuni.

LIVELLO REGIONI
La strategia nazionale per poter essere realmente realizzata deve necessariamente passare per la sua contestualizzazione nelle regioni di cui è composta l’Italia. Regioni che devono fungere da “Hub” verso le Citta Metropolitane ed i Comuni.
Riteniamo che in tale ambito la Conferenza Stato Regioni possa rappresentare un livello di granularità sufficiente ma non eccessivo per il coinvolgimento indispensabile degli enti territoriali che di fatto saranno poi gli attuatori del Piano Strategico di Digitalizzazione dell’Italia.
Il Direttore Generale dell’AGID dovrebbe sedere come membro permanente della Conferenza Stato Regioni per confrontarsi con i Presidenti delle Regioni ed assicurarsi di evitare errori e duplicazioni nella interpretazione del Piano, dando oltretutto la sua presenza a tale livello il reale “committment” politico sulla realizzazione dell’Agenda Digitale.

LIVELLO AREA METROPOLITANA

Le Regioni a questo punto elaborano ciascuna un Piano Operativo (La strategia dovrebbe essere fatta a livello nazionale per non avere un paese con diverse priorità e velocità a seconda delle Regioni) di Digitalizzazione della Regione che terrà conto degli input dei livelli di governance precedenti e delle disponibilità economico/finanziarie della Regione stessa. Tale piano dovrebbe essere declinato con l’aiuto delle Città Metropolitane – ove esistono – o delle aggregazioni di Comuni (che potrebbero coincidere con le attuali Provincie) che rappresentino un numero non eccessivamente piccolo di abitanti. Questo consentirebbe – tra l’altro – lo sviluppo degli auspicati “Centri Servizi Condivisi” tra comuni molto piccoli per garantire economie di scala nella realizzazione dei servizi.

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