Agenda digitale, Caio: “Fondi Ue alle Regioni? Così effetto Granducato”

L’Ad di Poste Italiane: “Servono piani nazionali: molte regioni virtuose, ma ognuna si è duplicata il suo sistema”. E sulla fatturazione elettronica: “Primi risultati positivi, sarà una valanga”

Pubblicato il 04 Lug 2014

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Far gestire i fondi europei per la digitalizzazione alle Regioni “è un rischio che purtroppo ha già dato i suoi risultati. Noi abbiamo presentato, nel giro scorso, più di 700 mila progetti, e abbiamo portato a casa quasi nulla. Bisogna che le Regioni restino responsabili di queste cose, ma che ci siano dei piani nazionali”. Lo afferma Francesco Caio, amministratore delegato di Poste Italiane, a Mix24 di Giovanni Minoli su Radio 24.

“Ci sono tante Regioni virtuose sulla digitalizzazione: Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Toscana. Ma il problema è che ognuno si è duplicato il suo sistema, quindi abbiamo i Granducati che hanno digitalizzato lo Stato che avevamo nel Settecento. Abbiamo un Paese solo, cosa ci mettiamo a fare tutti questi duplicati?”.

Quanto alla fatturazione elettronica verso la Pa, obbligatoria dal 6 giugno “i primi risultati ci sono e sono molto positivi. Sono quelli che mi aspettavo, e mi aspetto che sia come una valanga: nel momento in cui parte un sistema tutte le aziende devono adeguarsi. Ho sentito pubblicità, per esempio, di fornitori di fatturazione elettronica che partono. È un volano”.

Della digitalizzazione della Pa l’ex commissario per l’Agenda digitale ha scritto anche nel suo libro “Lo Stato del digitale”, edito da Marsilio, sostenendo che “può prendere due strade: quella dello snellimento burocratico e quella – semplificatrice solo di facciata – che trasferisce milioni di fogli di carta dentro i pc, ma solo per farli comparire sullo schermo come foto”.

Secondo Caio sul fronte della digitalizzazione in Italia, in alcuni casi, sono stati raggiunte punte di eccellenza, come nel caso del registro imprese che è totalmente digitale. “L’immagine che ho tratto – spiega il manager nel volume, riferendosi al suo lavoro di commissario durato dieci mesi – è quella di tanti cantieri con tanti bravi (e brave) ingegneri ma senza un architetto (lo Stato)”.

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