“Un imprenditore che non si occupa di Ict non si sta occupando del futuro della sua azienda”. Lo dice Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, in un’intervista ad Andrea Biondi pubblicata oggi dal Sole 24ore. “Ora l’attenzione del Governo c’è – afferma Catania – ma vorremmo che la trasformazione digitale dell’economia diventasse una vera e propria priorità nazionale. Tutti quanti dobbiamo avere chiaro che non è più tempo degli allarmi – continua – Bisogna rimboccarsi le maniche. Basta Agende, basta piangersi addosso. Ci sono cose che si possono fare e vanno fatte”.
“Indubbiamente in Italia non abbiamo abbracciato la trasformazione digitale come hanno fatto altri Paesi, in particolare dopo l’entrata sulla scena di internet – afferma Catania – E così, se guardiamo ai numeri, abbiamo perso 15 punti di Pil nei confronti di Francia e Germania e 30 verso gli Usa. Nel solo 2013 abbiamo investito circa 4,8 punti del Pil in Ict. Rispetto alla media europea abbiamo due punti di ritardo. Che pesano enormemente”.
“Come Confindustria Digitale abbiamo spinto e stiamo spingendo perché si ragioni in termini di priorità sulle quali concentrarsi – prosegue il presidente di Confindustria Digitale – Riguardo alla Pa, ci sono sette progetti prioritari in grado di creare un effetto trascinamento. Si va dall’anagrafe unica, all’identità digitale, all’interoperabilità delle banche pubbliche, al fascicolo sanitario elettronico. Ma il quadro complessivamente può reggere solo se si agisce fattivamente sulla cultura digitale delle Pmi”.
E sul fatto che le Pmi italiane siano ancora indietro in questo Eloi Catania snocciola qualche cifra: “L’anno scorso – afferma – l’83% delle imprese fallite non aveva un sito web. E solo il 4% delle Pmi vende online. Noi sul versante associativo, ma sfruttando anche l’esperienza e la forza delle imprese leader dell’Ict in Italia, stiamo andando sul territorio, città per città, per spiegare a imprenditori e manager i benefici dell’Ict in azienda. Deve essere chiaro che un leader che non si occupa di questi temi non si sta occupando del futuro della sua azienda. Ma l’appoggio pubblico è essenziale, inutile nascondersi”.
E non è soltanto un problema di Fondi disponibili. “È anche un problema di politica industriale – sostiene Catania – La ‘tecno-Sabatini’ è importante, ma andrebbe semplificata per favorire gli investimenti in Ict delle Pmi. Un’altra proposta che abbiamo avanzato è quella di utilizzare il fondo Garanzia giovani per formare giovani esperti del digitale, con il compito di fare da “evangelisti” presso le Pmi. Se eliminassimo il gap digitale con il resto d’Europa, verrebbero creati 800mila posti di lavoro. E poi c’è un aspetto culturale tutt’altro che irrilevante. Un’economia che non partecipa alla trasformazione digitale finisce per vederne solo gli aspetti negativi – conclude Catania – la disintermediazione in alcuni settori, come le vendite online o la distribuzione, lo spettro della disoccupazione, le minacce sui settori tradizionali. Ed è così che si crea resistenza al cambiamento. Che sfocia nei ritardi di tutto il sistema Paese”.