In questi ultimi mesi il cammino italiano verso l’attuazione dell’Agenda Digitale sembra aver subito già una prima battuta di arresto, che speriamo sia solo momentanea. Da un lato è colpa delle complesse vicende politiche che si sono appena succedute e che hanno portato alla formazione di questo nuovo governo ancora in fase di orientamento. Dall’altra ci sono state alcune recenti decisioni, come quella della Corte dei Conti, che ha espresso un parere negativo circa lo statuto dell’Agenzia per l’Italia Digitale, provocando un rallentamento nei lavori dell’ente e di conseguenza nell’attuazione dell’Agenda, che è appunto precipuo compito dell’Agid.
Mai come adesso, invece, sarebbe necessario passare in Italia dalle speculazioni intorno al digitale ad un’azione concreta e incisiva, per impedire che l’Agenda Digitale rimanga lettera morta e per impedirci di rimanere indietro rispetto alla politica digitale europea.
In particolare, per una corretta attuazione dell’Agenda sarebbe certamente utile che nel nostro Paese ci fosse un unico, forte e autorevole organismo a tenere in mano le redini di tutto il settore e questo organismo, in prospettiva, potrebbe essere di certo l’Agenzia per l’Italia Digitale. L’Agid, nonostante il nome che porta non ha al momento gli stessi poteri e la medesima autonomia di un’Agenzia, non solo, attualmente deve rispondere del suo operato a quattro ministeri e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, cosa che di fatto rallenta e complica la sua attività.Sarebbe perciò auspicabile che l’Agid guadagnasse maggiore autonomia e venisse dotata di una governance semplificata, ma questa non sembra essere la prima preoccupazione dei nostri governanti, visto che il neo Presidente Letta ha accennato alla possibilità che molti dei poteri che sono stati da poco affidati all’Agid vengano “spostati” al vecchio Dipartimento per la digitalizzazione della PA e per l’Innovazione tecnologica, in quanto unica struttura ad avere fondi a disposizione. Una scelta del genere svuoterebbe ulteriormente l’Agid delle sue funzioni e costituirebbe un altro rallentamento al processo digitale in Italia: di questo passo quando verranno emanate le regole tecniche che tanto attendiamo?
Le regole tecniche sono infatti quell’ultimo, fondamentale segmento che manca al processo digitale italiano per potersi compiere correttamente. L’Agenda Digitale non ha apportato sotto questo punto di vista dei cambiamenti significativi, dal momento che si è limitata a richiamare dei principi molto generali che erano già presenti nella nostra normativa (basti pensare al Codice dell’Amministrazione Digitale, in vigore già dal 2006), che è stata ed è ancora all’avanguardia rispetto al resto d’Europa.
Quello che serve, invece, è mettere in pratica questi principi e chiarire nel dettaglio la loro modalità di applicazione attraverso i decreti attuativi che da tempo si attendono. Si pensi, solo per fare un esempio, all’ultimo decreto attuativo sulla fatturazione elettronica nelle PA e alle regole tecniche in materia di formazione e conservazione digitale del documento informatico che tuttora aspettiamo.
C’è un altro aspetto fondamentale che speriamo venga presto preso nella dovuta considerazione dal nuovo governo: gli investimenti economici che devono supportare la digitalizzazione del nostro Paese. La digitalizzazione a costo zero non esiste, ma necessita di spese ingenti soprattutto nella fase di start up, quando è necessario attuare investimenti in termini di hardware, software e formazione, che andranno poi diminuendo a processo avviato e verranno comunque bilanciati dai risparmi su carta e stampa. Questo non vuol dire che non si debba continuare ad investire: per mantenere un sistema di conservazione digitale a norma e rispettoso delle regole per la privacy bisogna attuare degli investimenti costanti nel tempo, tenendo conto che la natura del documento informatico è dinamica e richiede che si aggiornino costantemente supporti, formati, competenze, per stare al passo con l’evolversi della normativa e della tecnologia.