“Abbiamo bisogno di spingere l’acceleratore sulla realizzazione dei progetti digitali, ma per fare questo serve una governance stabile ed autorevole”. Agostino Santoni, presidente di Assinform, discute con CorCom del futuro dell’Agenzia per l’Italia digitale e, dunque, dell’Agenda.
Dopo le dimissioni di Alessandra Poggiani da direttore di Agid si apre un nuovo capitolo dell’Agenda. Cosa vi aspettate adesso?
Che non ci siano indugi e che non si facciano passi indietro sull’execution dei progetti in cantiere né tantomeno sui piani banda ultralarga e Crescita digitale. In questo senso è fondamentale che il governo rafforzi la sua leadership sulla trasformazione digitale, che non deve essere solo della PA ma dell’intero Paese, portando sotto il suo cappello la governance dell’Agenda digitale. E’ necessario, infatti, che ci sia un forte coordinamento delle politiche settoriali e un deciso rafforzamento del dialogo con l’industria dell’Ict.
La governance centralizzata a Palazzo Chigi sarebbe sufficiente a garantire l’execution?
Sarebbe un passo fondamentale per accelerare sulla digitalizzazione. A supporto di questo sarebbe interessante l’istituzione del manager per la transizione al digitale in ogni ministero, così come previsto da un sub-emendamento proposto dalla senatrice Linda Lanzillotta (Pd) al Ddl di riforma della PA e approvato in commissione Affari Costituzionali del Senato.
Perché questa figura è così centrale?
Perché il manager, alle dirette dipendenze dell’organo politico, andrebbe a sintetizzare la necessità di avere in ogni ente competenze tecnologico-organizzative con la capacità di fare sistema, mettendo in collegamento ministeri e PA territoriali. Credo che questa figura potrebbe giocare un ruolo chiave nella digital transformation del Paese.
In una governance così immaginata quale ruolo per l’industria Ict?
Da parte nostra resta pieno l’impegno a collaborare, come dimostra la messa a disposizione di competenze specializzate per contribuire alla costruzione delle architetture digitali su cui far partire i nuovi servizi on line della PA. Così come consideriamo nostra responsabilità aiutare le imprese italiane a comprendere il valore e le potenzialità dell’innovazione tecnologica che è indispensabile per la competitività del sistema produttivo sui mercati internazionali.
Un canale diretto governo-imprese, dunque. Ha ancora senso tenere in piedi l’Agid?
Io credo che la domanda debba essere un’altra. Bisogna chiedersi quali strumenti dobbiamo dare all’Agenzia perché possa svolgere il suo ruolo di braccio operativo. Credo che sia una riflessione da fare proprio in questi giorni, dopo le dimissioni di Alessandra Poggiani, con la quale- tengo a dirlo- abbiamo messo in campo una proficua collaborazione che ci ha permesso di rappresentare problemi ed opportunità del settore con un interlocutore sensibile e preparato.
In che senso?
Con un 2014 ancora in calo dell’1,4% e una previsione per il 2015 dell’1,1% possiamo dirci solo moderatamente soddisfatti dato che siamo ancora lontani dalla velocità di trasformazione digitale del paese. In realtà i dati esprimono ancora la lentezza e la dimensione limitata con cui sta penetrando l’innovazione digitale in Italia. Il ritardo accumulato in questi anni, che riguarda tutti i settori pubblici e privati e che ha generato uno dei più bassi indici di utilizzo delle tecnologie digitali nell’Ue, è troppo profondo per poterci accontentare di margini di crescita di piccola entità. Per accelerare e rendere la digitalizzazione un processo sistemico in grado di investire l’intera società dobbiamo, e possiamo, puntare a incrementi ben maggiori dell’Ict ed una governance basata su una fattiva collaborazione pubblico-privato può essere lo strumento di accelerazione che serve e l’AgID ne diventa il catalizzatore.