Obbligo nei centri storici delle città metropolitane di affittare gli immobili per almeno due notti, Codice identificativo nazionale, banca dati degli immobili ad uso abitativo messi in affitto a fini turistici, multe fino a 10mila euro per mancato rispetto delle norme: sono solo alcune delle misure che il governo studia per regolare il fenomeno dei soggiorni-lampo esacerbato dalle piattaforme digitali di sharing come Airbnb, come emerge dalla bozza del disegno di legge che circola in queste ore.
Le recenti proteste sul caro-affitti da parte degli studenti delle grandi città hanno solo ribadito una trasformazione del mercato della locazione evidenziata già da anni, con la riduzione degli immobili in affitto per periodi medio-lunghi a favore degli affitti brevi turistici. La stretta del governo dovrebbe arrivare con un disegno di legge in preparazione presso il ministero del Turismo. Le norme riguardano coloro che detengono legittimamente l’immobile, i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare e i soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare.
Le misure si applicheranno alle principali città italiane ma, facoltativamente, anche ai Comuni inseriti dall’Istat nelle classi ‘alta’ e ‘molto alta’ densità turistica su disposizione dello stesso ente.
Le misure per regolare gli affitti brevi
Al centro del decreto ci sono misure quali: l’obbligo nei centri storici delle città metropolitane di una permanenza di almeno due notti (“fatta eccezione per l’ipotesi in cui la parte conduttrice sia costituita da un nucleo familiare numeroso composto da almeno un genitore e tre figli”); un codice identificativo nazionale per ogni immobile a uso abitativo messo in affitto a fini turistici, così da creare una banca dati nazionale in materia; l’obbligo di segnalare l’inizio attività al locale sportello delle attività produttive per chiunque eserciti in forma imprenditoriale l’attività di locazione a fini turistici.
Le misure nascono anche da una serie di incontri con le parti interessate tenutisi negli scorsi mesi e mirano a “fornire una disciplina uniforme a livello nazionale” e fronteggiare “il rischio di un turismo sovradimensionato rispetto alle potenzialità ricettive locali”, oltre che a salvaguardare “la residenzialità dei centri storici e impedirne lo spopolamento”.
La ministra del Turismo Daniela Santanchè aveva parlato nei mesi scorsi di far west e le posizioni del governo accontentano sicuramente le esigenze degli albergatori, mentre sono destinate a suscitare reazioni poco convinte da parte dei portali di intermediazione come Airbnb e Booking.
La replica di Airbnb
“Airbnb ha sempre auspicato una regolamentazione quadro sugli affitti brevi e apprezza il processo di consultazione intrapreso dal Ministero del Turismo. L’armonizzazione nazionale dei codici di registrazione è benvenuta: garantisce un contesto più lineare a chi affitta l’immobile di famiglia per far quadrare i conti e permette alle autorità di accedere alle informazioni necessarie per contrastare gli abusi. Permangono dei dubbi su alcune limitazioni che potrebbero andare a colpire la piccola proprietà privata, anche alla luce della proposta di regolamento Ue in materia, sulle quali restiamo in attesa di poter fornire il nostro contributo al tavolo di lavoro”: si esprime così Airbnb in una nota in merito alla bozza di Ddl governativo sulla regolazione delle locazioni turistiche.
Soddisfazione (a metà) dagli albergatori
Per Confindustria Alberghi, invece, il governo “va nella giusta direzione”, soprattutto con l’ipotesi del Codice identificativo nazionale, che dovrà essere esposto obbligatoriamente – pena una multa fino a 5mila euro – dagli affittuari e che dovrà essere riportato anche da parte dei portali telematici negli annunci pubblicati. Per l’associazione degli albergatori il codice è “un passaggio fondamentale per fotografare il fenomeno”, con la consapevolezza che, “diversamente da quanto accade oggi, sarà possibile controllare l’applicazione degli obblighi”, elemento che secondo la bozza sarà – come avviene del resto già ora – a carico dei Comuni.
Secondo Federalberghi, però, “occorre intervenire sul cosiddetto minimum stay. Considerato che la permanenza media negli esercizi ricettivi italiani è di 3,3 notti, affermare che il soggiorno nelle locazioni turistiche non può essere inferiore a due notti suona come una presa in giro, in quanto significa che la nuova normativa si applicherà solo su a una minima parte dei flussi turistici. Ad esempio, saranno esclusi tutti i soggiorni per vacanza, a partire dai week end, per di più solo in una minoranza di comuni”.
Le proteste di proprietari e sindacati
Da parte sua Confedilizia, pur condividendo l’introduzione del codice, si dice “fortemente contraria” all’obbligo di doversi rivolgere agli alberghi da parte di chi intenda soggiornare solo una notte nelle principali città. “Le persone rispondono agli incentivi, gli obblighi li eludono”, sottolinea il presidente Giorgio Spaziani Testa, che rilancia: “Poiché nel testo è scritto che si intende favorire la residenzialità, come incentivo noi proponiamo di azzerare l’Imu per tutta la durata dei contratti di locazione lunghi”.
Le 13 associazioni di categoria (oltre a Confedilizia, Fiaip, Prolocatur, Confassociazioni Re, Pmi, Rescasa Lombardia, Host + Host, Host Italia, Bre-Ve, Myguestfriend, OspitaMi, Abbav e F.A.R.E) coinvolte dal ministro Daniela Santanchè hanno espresso tutte “forte contrarietà nei confronti dell’introduzione del divieto per il proprietario dell’immobile o per il suo gestore professionale di darlo in locazione per una sola notte, considerandola, a tutti gli effetti, una norma discriminatoria, liberticida e con profili di dubbia costituzionalità, che alimenterà forme di evasione fiscale e di illegalità varie. Il tutto, peraltro, con un arcobaleno di discipline in funzione del comune di ubicazione dell’immobile, che produrrà un caos indescrivibile”.
Commento negativo anche da parte del Sunia-Cgil. Per Emiliano Guarneri, membro della segreteria nazionale dell’organizzazione degli inquilini privati e degli assegnatari di edilizia pubblica, il ddl è “una grande occasione persa”, con le misure previste che porteranno “a micro-regolamentazioni”, ma non avranno “effetti tangibili sulle politiche abitative complessive”.
“Si confermano – lamentano i sindacati degli inquilini Sunia, Sicet ed Uniat Aps – alcune scellerate decisioni assunte dai precedenti governi come la possibilità di non registrare all’Agenzia delle Entrate i contratti inferiori a trenta giorni, di non considerare attività commerciale quella svolta fino a 4 alloggi di proprietà locate a finalità turistica e, di conseguenza, la concessione di agevolazioni fiscali come la cedolare secca a questi proprietari, i cui redditi, in molti casi, sono ben più consistenti di un piccolo albergatore di periferia”
Agostino Ingenito, presidente nazionale di Abbac – Rete Nazionale Extralberghiera solleva “dubbi di costituzionalità” rispetto al ddl e afferma che a subire gli effetti della legge sarebbero soprattutto “le località che svolgono ruolo di ‘piattaforma’ per raggiungere altre destinazioni”, tra cui molti siti marittimi o città sede di aeroporti. “Dal punto di vista della percentuale di mercato, quella della permanenza di una notte è intorno al 30-40% in queste località: si perderebbe dunque una quota molto importante”, spiega Ingenito, invitando Santanchè a non pensare “solo al turismo d’elite”, ma anche “a un turismo medio-basso, di viaggiatori singoli o in piccoli gruppi, che vuole viaggiare a un prezzo minore rispetto ad altre esperienze turistiche, più costose”.