Airbnb e Booking affilano le armi contro la tassa sugli affitti brevi che obbliga le piattaforme online ad operare come sostituto di imposta, pagando direttamente all’Agenzia delle Entrate il “balzello”.
“Il meccanismo del sostituto d’imposta rischia di minare l’efficacia stessa della normativa”, ha spiegato Alessandro Tommasi di Airbnb Italy in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato riunite a Montecitorio sulla manovra, approvata dal Cdm e ora all’esame del Parlamento. Airbnb conta 300mila annunci in Italia, la maggior parte di chi affitta su Airbnb lo fa per meno di 60 notti all’anno per un guadagno complessivo di 395 milioni di euro.
“Negli ultimi 12 mesi sono arrivati in Italia grazie ad Airbnb 5 milioni e 856mila turisti, con una permanenza media alta, pari a 3,7 notti circa a soggiorno – ha ricordato il manager – Con un calcolo piuttosto semplice, possiamo contare quindi circa 20 milioni di presenze turistiche”.
“Crediamo che sarebbe auspicabile una profonda modifica tanto nelle definizioni, quanto nei meccanismi previsti, quello del sostituto d’imposta rischia di minare l’efficacia stessa della normativa – ha precisato Tommasi – Al riguardo, serve un meccanismo che incentivi alla digitalizzazione, alla trasparenza, segnalando quanti invece operano sul mercato rimanendo nell’oscurità delle transazioni. Airbnb è una piattaforma che fatto della trasparenza il proprio cardine. Il manager ha inoltre indicato, come “modello che ha dimostrato di funzionare molto bene, di semplificare la vita sia per chi affitta, sia per le amministrazioni, quello della tassa di soggiorno”. Airbnb, ha ricordato, “in circa 250 giurisdizioni del mondo la raccoglie e la versa automaticamente per conto dei suoi ospiti”.
Airbnb ha inoltre fatto rilevare che “in tutte le occasioni l’Agenzia delle Entrate ha ribadito la propria posizione secondo cui, sostanzialmente “in base alla normativa internazionale vigente, anche volendo introdurre una presunzione di stabile organizzazione, bisognerebbe comunque lasciare alla piattaforma la possibilità di dimostrare il contrario”. Le stesse norme internazionali prevedono, ha ricordato Tommasi, “l’impossibilità di imporre un obbligo di sostituto di imposta alle piattaforme internazionali”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Booking.com, secondo cui gli strumenti previsti dalla manovra-bis per la tassazione degli affitti brevi “sono non attuabili e non proporzionali allo scopo”.
“Gli obiettivi di lotta all’evasione sono condivisibili, ma quanto previsto non è concretamente attuabile”, spiegano i rappresentanti del portale online. In primo luogo perché “nella maggior parte dei casi gli ospiti pagano direttamente il proprietario dell’appartamento” e Booking non fa altro che “fornire una piattaforma che consente di metterli in contatto”. In secondo luogo perché la possibilità di agire come sostituto di imposta presuppone che il portale abbia in Italia una stabile organizzazione, cosa che Booking non ha. “I 250 dipendenti svolgono compiti limitati e ben precisi”, hanno sottolineato dalla società. “Sono i proprietari i responsabili della regolarità degli alloggi e degli obblighi fiscali”, hanno concluso.
Nel 2016 Booking.com ha registrato 7 milioni di prenotazioni di turisti stranieri in Italia e, secondo alcuni studi, grazie ai portali online nel 2015 ci sono stati “13 milioni di pernotti aggiuntivi rispetto a quanti ce ne sarebbero stati con i canali tradizionali”, hanno dichiarato i manager del portale. Considerando anche l’indotto, quindi bar, ristoranti, sistemi di trasporto e quant’altro, hanno proseguito i rappresentanti della società parlando della cosiddetta “tassa Airbnb” sugli affitti brevi, “l’impatto è di oltre 2 miliardi”.
Anche la Fiaip (Federazione italiana agenti immobiliari professionali) si scaglia contro la tassa. La nuova forma di tassazione degli affitti brevi prevista dalla manovra sembra “una norma buttata lì pensando di colpire Airbnb, ma ha sbagliato mira, ha colpito noi che siamo gli unici con la residenza in Italia e che paghiamo le tasse in Italia”, spiega l’associazione. Gli adempimenti previsti nel decreto, “oltre ad essere inutili risultano eccessivamente gravosi con la conseguenza che finiranno per favorire ancora di più l’abusivismo e l’evasione, poiché l’obbligo non avrà alcun impatto su chi già rispetta i propri obblighi fiscali, mentre chi già non vi provvede non sarà certamente indotto a rispettarli, anzi aggirerà l’intermediario”.
A risponderee ai rilievi della Ota, Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera. “Non esiste una tassa AirBnb ma una proposta coerente rispetto alla trasformazione in corso del mercato fatta dal governo sulla quale il Parlamento farà le proprie valutazioni – ha evidenziato – Stiamo cercando di regolare un fenomeno complesso e incredibilmente fuori controllo e stiamo lavorando, anche attraverso un allungamento delle audizioni, proprio per consentire a tutti gli attori coinvolti di dire la propria. Quello che non si può più consentire – ha aggiunto – è l’evasione totale che avviene da tempo in questo settore. Airbnb o Booking se pagano le imposte come fanno tutti i contribuenti sono le benvenute nel mercato italiano, come tutte le grandi imprese multinazionali”.
“Confido nella capacità del Parlamento italiano di fare la sintesi migliore nei prossimi giorni. Un solo consiglio ai rappresentanti delle multinazionali: fidatevi delle autorità italiane e del Parlamento. Venir qui a dirci unilateralmente che non ci sono stabili organizzazioni in Italia lo trovo un pò arrogante, anche perché vederlo poi ammettere anni dopo e solo a causa delle inchieste non mi sembra il massimo. Costruiremo norme che – ha concluso – rispettano le regole internazionali vigenti che abbiamo comunque il dovere di cambiare in Europa e nel resto del mondo. E su questo il passaggio del G7 economia di Bari potrà aiutarci molto”