BORSA

Airbnb, debutto in borsa nel 2020. Ma non sarà un’Ipo

Dovrebbe trattarsi di un direct listing, che non crea nuove azioni e taglia i costi di underwriting. Gli analisti pensano che l’accoglienza sarà più calorosa di quella riservata a Uber e Lyft, ma Airbnb dovrà continuare a dimostrare che il business è solido

Pubblicato il 20 Set 2019

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Il colosso dell’home rental Airbnb si prepara al debutto in Borsa nel 2020, un’operazione ampiamente attesa dal mercato e che potrebbe rappresentare una delle quotazioni di più alto profilo nel prossimo anno. L’azienda, valutata 31 miliardi di dollari nel 2017 da PitchBook e che vanta una rete di mezzo miliardo di viaggiatori che usano la sua piattaforma per affittare case o stanze per trasferte di lavoro o vacanza, non ha fornito dettagli, limitandosi a indicare, con un sintetico post sul sito, che la quotazione avverrà durante il prossimo anno. Gli analisti si aspettano però che scelga la modalità non dell’Ipo ma del direct listing, in cui le società che entrano in Borsa non creano nuove azioni rispetto a quelle esistenti e risparmiamo così milioni di dollari in commissioni per l’underwriting.

Non ripetere il flop di Uber e Lyft

Nathan Blecharczyk, co-fondatore di Airbnb cofounder, aveva detto a marzo in un’intervista con Business Insider che l‘azienda procede con cautela valutando le sue opzioni e i tempi più opportuni. Sicuramente non vorrà ripetere l’esperienza deludente di Uber e Lyft, i giganti del ride hailing che si sono quotati a inizio anno e le cui prestazioni in Borsa sono state nettamene inferiori alle aspettative, anche per il diffuso scetticismo degli investitori sulla capacità di queste aziende di raggiungere i profitti.

Gli esperti di mercato pensano però che Airbnb potrebbe essere accolta con più entusiasmo dagli investitori, perché le sue prestazioni finanziarie appaiono più solide di quelle di società come Uber (che ha un debito monstre che supera il miliardo di dollari).

Penso sarà tutto diverso per Airbnb, ammesso che potranno dimostrare di essere un’attività profittevole e non sono costretti a perdere soldi in marketing”, ha dichiarato Kathleen Smith, analista di Renaissance Capital.

Airbnb non ha fornito dettagli sull’andamento dei conti nel secondo trimestre del 2019, ma aveva in precedenza detto che sia nel 2017 che nel 2018 gli utili prima di tasse e interessi erano positivi. L’azienda ha anache fatto sapere di avere oltre 1 miliardi di dollari di ricavi nel secondo trimestre 2019.

La strategia che sostiene il business di Airbnb

Nell’ultimo anno Airbnb ha condotto una serie di operazioni di mercato mirate a sostenere la sua attività e a proteggere la redditività. A marzo ha acquisito il sito di prenotazione di strutture ricettive indipendenti e boutique hotel HotelTonight, per un valore (stimato) di 463 milioni di dollari. L’operazione è giustificata dal fatto che le prenotazioni per motivi di business e per viaggi last minute raddoppiano di anno in anno ed è in linea con l’obiettivo di Airbnb di diventare gradualmente una piattaforma di viaggio end-to-end.

Altra recente operazione strategica è stato l’allargamento nell’industria dei contenuti: ad aprile i media Usa hanno svelato che Airbnb si sta creando la sua casa di produzione per serie Tv e film trasmessi in streaming con l’obiettivo di sostenere i ricavi, rafforzare il brand e differenziarsi dalla concorrenza, in particolare da Booking e Expedia.

Airbnb intende puntare su produzioni originali legate al settore viaggi, come mini-serie e documentari in cui siano visibili le case che si possono prenotare sulla piattaforma, i suoi host e gli ospiti. L’operazione è considerata strategica in vista della quotazione: l’ingresso in Borsa esige un business solido e a prova di futuro.

I nodi regolatori

Resta l’incognita delle pressioni regolatorie su più fronti. Per esempio, Airbnb è stata attaccata da molte amministrazioni locali perché causerebbe un’impennata dei prezzi degli affitti contraendo l’offerta: molte case vengono messe in affitto su Airbnb per periodi brevi e non sono più disponibili per i residenti. Altro nodo contestato è legato a questioni fiscali: in Italia il Tar del Lazio ha deciso che Airbnb deve riscuotere la cedolare secca sulle locazioni brevi e comunicare all’Agenzia delle Entrate i nomi dei locatari e i relativi redditi. La decisione è stata contestata da Airbnb, che ha presentato ricorso.

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