La casa del futuro è già qui: dispositivi ed elettrodomestici smart attualmente sul mercato possono imparare la stessa “lingua” per comunicare fra loro attraverso l’Internet delle cose, rendendo l’abitazione intelligente e personalizzabile proprio come uno smartphone. Lo dimostrano i risultati del progetto Open Lab Smart Home promosso dal laboratorio IoTLab del Politecnico di Milano in collaborazione con i principali attori del mercato smart home come Bticino, Epta, Ezviz, Gewiss, Signify, SoloMio, Beeta by Tera, Vimar e V by Vodafone.
“Il nostro laboratorio vuole essere un catalizzatore per le aziende, un terreno neutro dove attori in concorrenza sul mercato possono confrontarsi e collaborare per superare le difficoltà di comunicabilità e interoperabilità dei loro prodotti”, spiega il responsabile di IoTLab Antonio Capone, professore ordinario di telecomunicazioni al Politecnico.
Sviluppando piattaforme software di integrazione e protocolli di comunicazione, i ricercatori sono riusciti a creare un ecosistema integrato dove dispositivi ed elettrodomestici di produttori diversi riescono a parlarsi direttamente via radio o wireless, oppure attraverso i server nel cloud o ancora mediante interfacce evolute come gli assistenti vocali. Le telecamere di videosorveglianza diventano così intelligenti per chiamare i soccorsi in caso di pericolo, le finestre si chiudono automaticamente se si prevede un temporale, il climatizzatore si attiva quando avverte il nostro arrivo in cortile.
In Italia, secondo l’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Polimi, è un mercato in crescita quello della casa intelligente con un valore pari a 380 milioni di euro nel 2018 (+52% sull’anno precedente), con il 41% degli italiani che hanno almeno un oggetto smart. Le soluzioni di sicurezza sono in prima posizione, al secondo gli ‘smart speaker’. Ma il 51% è preoccupato per i rischi legati alla privacy e ai cyber attacchi .