PRIVACY

Albo pretorio online: attenti alla tutela dei dati

Il Garante Privacy: dopo un certo periodo dalla pubblicazione, le informazioni sui cittadini devono essere spostate in una parte del sito dove non siano più rintracciabili da motori di ricerca esterni

Pubblicato il 13 Mag 2012

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Trasparenza amministrativa e privacy dei cittadini. Questo, l’obbiettivo perseguito nell’era della rete dal Garante della Privacy che, di recente, ha vietato ad un Comune di diffondere ulteriormente in Internet i dati personali di una cittadina contenuti in una delibera pubblicata sul sito web istituzionale dell’amministrazione, all’interno dell’apposita sezione dedicata all’albo pretorio.
Un caso concreto che offre lo spunto per riflettere su quanto stabilito nelle Linee Guida del Garante adottate nel 2011 in materia di pubblicazione online dei documenti. Tra gli intenti dell’Authority c’è certamente quello di offrire un valido strumento per le PA che hanno tra i loro doveri istituzionali quello di pubblicare online determinati documenti. Le Linee Guida chiariscono e delimitano il rapporto tra trasparenza e riservatezza e allo stesso tempo costituiscono un prezioso aiuto tecnico. Da circa un anno l’unica pubblicità legale valida per gli atti prima affissi agli albi di comuni e province è quella su Internet. Ma non tutte le città la utilizzano per una corretta gestione documentale: in alcuni casi si tratta di mera rappresentazione digitale dei documenti prima esposti in forma cartacea. Ma l’utilizzo della la rete, che rende le info molto più accessibili, impone all’ente sia di assicurare l’esattezza, l’aggiornamento e la pertinenza dei dati pubblicati, sia di garantire il diritto alla riservatezza.

Ad esempio, come nel caso del Comune suddetto , trascorso un certo periodo dalla pubblicazione, è opportuno spostare i nominativi in una parte del sito dove non siano più rintracciabili dai motori di ricerca esterni. Dal punto di vista della normativa sulla privacy la conoscenza da parte di terzi consentita dall’amministrazione per motivi di trasparenza, rappresenta altresì una forma di trattamento dei dati che esige specifiche cautele.
In particolare, nella citata delibera erano presenti nome, cognome, indirizzo di residenza dell’interessata, nonché il numero e il dispositivo di una sentenza di rigetto di un ricorso presentato contro un accertamento Ici, con tanto di notizia della contestuale condanna al pagamento delle spese. A nulla sono valse le giustificazioni addotte dal sindaco, secondo il quale i dati contenuti nella delibera comunale non erano sensibili e la loro diffusione rientrava nella finalità istituzionale di arginare il fenomeno dell’evasione dell’Ici. Il Garante non ha, tuttavia, ritenuto tali argomentazioni sufficienti, dal momento che la pubblicazione integrale della delibera in questione è avvenuta per più di 15 giorni, limite temporale stabilito dalla legge. Inoltre, la delibera con il nome della donna continuava ad essere reperibile sul sito, anche dopo le modifiche apportate, determinando così una illecita diffusione dei dati.

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