RISTRUTTURAZIONI

Alcatel-Lucent, i sindacati: “Ora tocca al Governo”

Mobilitazione in tutta Europa per limitare la portata dei tagli. In Francia scende in campo Hollande. Potetti (Fiom Cgil): “L’esecutivo faccia proposte industriali”. Ricci (Fim-Cisl): “Far ripartire l’agenda digitale”. Si tratta sugli stabilimenti di Rieti e Battipaglia. Il 17 manifestazione nazionale

Pubblicato il 09 Ott 2013

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La notizia dei tagli in Alcaltel-Lucent ha fatto così tanto rumore e ha creato tanto sgomento nell’opinione pubblica d’oltralpe ed europea, che ieri il presidente della Repubblica francese Francois Hollande ha deciso di spendersi in prima persona, dicendo che “si dovrà prendere in esame in che modo i tagli possano essere il più possibile limitati”. L’azienda aveva annunciato ieri il liceziamento di 10mila lavoratori in tutto il mondo, di cui 586 in Italia.

E se in Francia si parla di eliminare 900 posti di lavoro, la riunione di ieri a Parigi con le rappresentanze sindacali comunitarie ha fatto emergere che per l’Italia lo “shift plan” di Alcatel-Lucent prevede di ridurre la forza lavoro aziendale di circa un terzo, di fare a meno cioè di 586 lavoratori sul totale di circa 2.000 che impiega nel nostro paese.

Una vicenda in cui i sindacati vorrebbero che il Governo giocasse un ruolo di primo piano, trattando con l’azienda per rendere l’impatto della ristrutturazione meno pesante sul piano occupazionale. Un incontro preliminare e riservato tra il ministro Zanonato e il Ceo di Alcatel-Lucent, Michel Combes, si era tenuto a Roma alla fine di settembre, e in quell’occasione è presumibile che sia stata presentata al Governo una bozza dello “shift plan”.

Alla riunione del 17 al ministero prenderanno parte il Governo, i sindacati, le Regioni interessate (Lombardia, Lazio e Campania per Vimercate, Rieti e Battipaglia), e l’azienda. In quella sede verranno alla luce i dettagli, e i sindacati chiedono al Governo di trattare concretamente con la multinazionale franco-statunitense: “Mi aspetto che si facciano proposte di carattere industriale – afferma Fabrizio Potetti, responsabile nazionale Ict per Fiom Cgil – Ci sono ad esempio due argomenti sui quali Alcatel-Lucent potrebbe essere particolarmente sensibile: lo scorporo della rete telefonica e l’agenda digitale. Sono sicuro che se il Governo prendesse impegni precisi su questi temi, che per Alcatel sono di importanza strategica, l’azienda potrebbe prendere in considerazione di rivedere il suo piano per l’Italia. Noi dal canto nostro ci opporremo a questo piano. Dopo lo sciopero di oggi nella sede di Vimercate ci sarà una manifestazione nazionale proprio il17 ottobre e una serie di iniziative a pioggia sui territori. Non possiamo consentire che in Italia rimangano soltanto i presidi commerciali. In Italia Alcatel-Lucent è ormai l’ultimo pezzo vero di ricerca e sviluppo sulle telecomunicazioni: se sparirà, avremo tra l’altro lavoratori altamente qualificati senza più mercato, risorse preziose per la crescita del paese che finiranno per essere sprecate”.

“Ci aspettavamo una situazione grave, ma non fino a questo punto – commenta Giuseppe Ricci, coordinatore nazionale di Fim-Cisl per il gruppo Alcatel-Lucent Italia – Dal Governo vorremmo un impegno più concreto. Lo strumento più importante è far ripartire l’agenda digitale, con i bandi che potrebbero rimettere in moto l’economia delle telecomunicazioni. Oggi c’è una sensazione di disimpegno che vogliamo a tutti i costi scongiurare, perché i nostri territori sono già messi a dura prova. Vorrei ricordare, ad esempio, che in Italia ci sono già oggi 100 lavoratori in cassa integrazione per effetto della ristrutturazione varata lo scorso anno. Se il taglio prospettato dall’azienda a livello globale è del 15%, dispiace dover vedere che in Italia questa percentuale sale drasticamente, riguardando in totale quasi 700 lavoratori su duemila. Infine, sulla cessione di rami d’azienda a Rieti e Battipaglia un ruolo importante potrebbero averlo anche le Regioni, che gestiscono la programmazione dei fondi europei per l’innovazione”.

I dettagli del piano di ristrutturazione verranno fuori dall’incontro con il Governo previsto per il 17 ottobre, quando in una giornata di riunioni si dovrebbe discutere del piano industriale dell’azienda e della sorte di due stabilimenti, a Rieti e Battipaglia, che l’azienda vorrebbe almeno in parte cedere ad altre società. I primi problemi sorgono già in merito all’ordine del giorno: i sindacati infatti stanno chiedendo di invertirlo, perché vorrebbero prima essere informati e andare in profondità su cosa prevede il piano industriale, e poi prendere in considerazione i casi particolari. “Anche se quelle di Rieti e Battipaglia si rivelassero delle cessioni buone e vantaggiose per i lavoratori – afferma ancora Potetti – sarebbe sbagliato accettarle senza aver prima preso in esame il dato complessivo”. Nelle sedi di Rieti e Battipaglia, che impiegano complessivamente poco meno di 150 dipendenti, Alcatel-Lucent conduce soprattutto attività di ricerca e sviluppo.

I segnali che arrivano dall’azienda però non sono rassicuranti. Dopo la fusione tra la francese Alcatel e la statunitense Lucent, avvenuta nel 2006, entro la fine del 2015 si prospetta nel gruppo il taglio di un lavoratore su sette. Nelle strategie del gruppo c’è l’intenzione di concentrarsi sulle aree più sviluppare e che stanno crescendo più velocemente, puntando su 4G mobile e banda ultra larga, e di abbassare i costi fissi di più del 15%, risparmiando in tutto un miliardo di euro.

Il gruppo, che può contare su uno staff di 72mila lavoratori in tutto il mondo, lo scorso anno il gruppo ha registrato una perdita netta di 1,2 miliardi di euro, la più alta dal 2008, dovuta in gran parte alle perdite nel mobile e ai costi di ristrutturazione di un piano precedente che aveva comportato il licenziamento di 5mila lavoratori.

Anche in Francia la reazione dei sindacati è stata dura, dal momento che oltralpe si parla della chiusura degli stabilimenti di Rennes e Tolosa e della vendita di quelli di Ormes e Orvault. La Confédération française démocratique du travail annuncia battaglia: “Siamo consapevoli della gravità della situazione – affermano dalla Cfdt – ma ancora una volta sono i lavoratori che pagano il prezzo più caro. Siamo impegnati a fare in modo che questo piano possa cambiare”.

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