L'INDAGINE

Amazon (ancora) nel mirino Ue: concorrenza sleale ai merchant?

Sotto la lente la duplice veste di seller e reseller: l’Antitrust europeo teme che la società sfrutti i dati raccolti con l’attività e-commerce per disegnare e pubblicizzare più efficacemente i prodotti brandizzati, dagli Amazon Basics ai Kindle

Pubblicato il 28 Set 2018

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L’Antitrust Ue ha messo sotto la lente le pratiche commerciali di Amazon nel sospetto che il colosso americano del commercio elettronico “copi” i prodotti di maggior successo che le aziende rivali vendono sulla sua piattaforma online. Per chiarire questo aspetto, l’ufficio della Commissione europea guidato da Margrethe Vestager ha inviato ai merchant che usano il sito di Amazon un questionario di 16 pagine da compilare e rispedire entro il 9 ottobre in cui si chiede, riporta Bloomberg, se Amazon ha iniziato a vendere prodotti col proprio marchio che sono “identiti o molto simili” a quelli proposti dai rivenditori e, se sì, quale siano le ripercussioni sulla loro attività.

La scorsa settimana l’ufficio della Vestager aveva aperto una “indagine preliminare” su Amazon sospettando un possibile “uso illecito” dei dati dei rivenditori. “Se tu, Amazon, ottieni i dati dai piccoli commercianti che ospiti – aveva spiegato in conferenza stampa a Bruxelles la commissaria Ue – questo può essere del tutto legittimo, perché così puoi migliorare il tuo servizio. Ma usi questi dati anche per fare i tuoi calcoli? Per capire quel è la nuova grande novità, cosa vogliono le persone, che tipo di offerte preferiscono ricevere? Per capirlo abbiamo avviato una inchiesta preliminare su un possibile abuso di posizione dominante relativo alle pratiche di Amazon”.

Per il momento la Commissione europea si sta limitando a raccogliere informazioni per istruire il caso e decidere se proseguire nell’indagine, anche tramite una serie di questionari ai rivenditori per conoscere la loro opinione. Il questionario di cui dà notizia oggi Bloomberg rientra in questa fase preliminare in cui la Commissione vuole arrivare a capire se i prodotti venduti direttamente da Amazon siano avvantaggiati rispetto a quelli venduti dai concorrenti e se tale vantaggio competitivo sia ottenuto anche sfruttando i dati sui merchant che Amazon raccoglie nella veste di operatore della piattaforma e-commerce ma che poi riutilizza a proprio beneficio nella veste di venditore col proprio marchio.

Nel questionario dell’Ue ai merchant si chiede anche di indicare se usano strumenti di data-sharing, per esempio per l’ottimizzazione delle vendite, forniti da Amazon e che finiscono col dare al colosso dell’e-commerce un prezioso bacino di dati su quello che fanno i suoi rivenditori/rivali. Nell’era dei Big data e degli analytics, il duplice ruolo di seller e reseller di Amazon pone un potenziale problema antitrust.

Bloomberg riporta, in base a dati di TJI Research, che Amazon ha più di 120 prodotti private-label, che vende cioè – più o meno chiaramente – col proprio marchio, dalla linea Amazon Basics ad articoli di abbigliamento e per la casa fino ai device elettronici Kindle. Amazon ha accesso a enormi volumi di dati su quali ricerche o acquisti fanno i consumatori sulla sua piattaforma da cui capisce quali prodotti simili a quelli brandizzati Amazon vengono apprezzati. Secondo gli analisti ciò la aiuta nella definizione delle strategie di prodotto e di marketing.

I molteplici affari del colosso di Jeff Bezos sono finiti anche nel mirino dei regolatori statunitensi, tanto che qualche analista a Wall Street suggerisce ad Amazon di scorporare l’attività e-commerce dal cloud per allentare la pressione ed evitare un pesante intervento normativo. La Senatrice Democratica Elizabeth Warren ha di recente detto, in un’intervista al New York Times, che Amazon “deve decidere quale business perseguire”: vendere prodotti e servizi altrui oppure vendere i propri, la stessa problematica portata alla luce dall’indagine preliminare della Commissione europea.

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