IL CASO

Amazon e il sequestro da 121 milioni: l’azienda dice la sua dopo 10 giorni



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Frode fiscale e somministrazione illecita di manodopera le principali accuse della Procura di Milano. La società sostiene di rispettare le norme , di non affidarsi a cooperative, di non consentire il subappalto e di effettuare verifiche di idoneità per assicurare la conformità al codice di condotta da parte dei propri fornitori. E assicura la collaborazione con le autorità nell’ambito dell’indagine. Il colosso dell’e-commerce chiude il trimestre con un utile al raddoppio a 13,5 miliardi di dollari trainato dal business cloud

Pubblicato il 1 ago 2024



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Rispettiamo tutte le leggi e le normative vigenti in ogni paese in cui operiamo e richiediamo che le aziende che lavorano con noi facciano lo stesso. Abbiamo definito standard elevati e un Codice di Condotta che anche i nostri fornitori di servizi di consegna devono rispettare per poter lavorare con noi. Il nostro codice di condotta è disegnato in modo tale da garantire che gli autisti lavorino in un contesto sicuro e abbiano compensi e orari di lavoro adeguati”. Questa la posizione ufficiale comunicata da Amazon riguardo alla notizia della convalida da parte del Gip di Milano del sequestro di 121 milioni alla filiale Amazon Italia Transport, società di logistica controllata dal gigante statunitense dell’e-commerce. Il sequestro preventivo d’urgenza era stato eseguito a fine luglio dal nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Milano, su disposizione della Procura di Milano.

Le indagini, che hanno contato sulla collaborazione dell’unità “contrasto illeciti” dell’Agenzia delle Entrate, sono mirate ad accertare se si sia verificata “somministrazione illecita di manodopera”, come specificato dal procuratore capo Marcello Viola. A condurre le indagini i Pm Paolo Storarie Valentina Mondovì.

“Effettuiamo regolarmente verifiche di idoneità per assicurare la conformità al Codice di Condotta e interveniamo se riscontriamo che un nostro fornitore non rispetta tali aspettative. Continueremo a collaborare prontamente con le autorità competenti nel corso dell’indagine“, ha fatto sapere ora Amazon.

Le accuse di frode fiscale della Procura di Milano

Le ipotesi avanzate dagli investigatori prefigurano “una complessa frode fiscale derivante dall’utilizzo, da parte della beneficiaria finale, del meccanismo illecito di fatture per operazioni giuridicamente inesistenti a fronte della stipula di fittizi contratti di appalto per la somministrazione di manodopera, in violazione della normativa di settore, che ha portato all’emissione e al conseguente utilizzo dei falsi documenti”.

È stato rilevato – secondo quando ipotizzato dalla Procura di Milano – che i rapporti di lavoro con la società committente sono stati schermati da società-filtro che a loro volta si sono avvalse di diverse società cooperative, che hanno sistematicamente omesso il versamento dell’Iva, nonché degli oneri di natura previdenziale e assistenziale”.

Semplificando, l’ipotesi investigativa è che si trovi davanti a un caso di “serbatoi di manodopera”, quello attraverso il quale grandi aziende possono contare su “tariffe altamente competitive” sul mercato dando i servizi di logistica “in appalto” ad alcune cooperative, consorzi o altre “società filtro” in modo irregolare e arrivando allo sfruttamento del lavoro.

Ma il colosso americano chiarisce: “Non usiamo cooperative, non consentiamo il subappalto e tutti i corrieri sono assunti direttamente dai fornitori di servizi di consegna, al livello G1 del Ccnl Trasporti e logistica“.

Amazon: “Rispettiamo le leggi, supportiamo i fornitori”

Prosegue la reazione dell’azienda: “Amazon collabora con decine di fornitori di servizi di consegna, che forniscono opportunità lavorative a migliaia di persone che si occupano di consegnare gli ordini ai nostri clienti in Italia. Mentre, in qualità di titolari di aziende indipendenti, ogni fornitore di servizi di consegna è responsabile della gestione dei propri risultati. Amazon si impegna a garantire che le tariffe che paghiamo ai nostri fornitori di servizi di consegna siano adeguate a supportarli a operare con successo e siano discusse regolarmente con i Dsp nell’ambito del rapporto contrattuale. Lavoriamo a stretto contatto con i nostri fornitori per definire insieme obiettivi realistici, che non mettano pressione su di loro o sui loro dipendenti.

Amazon spiega ancora: “Utilizziamo una tecnologia che prende in considerazione molteplici aspetti, tra cui la quantità di pacchi da consegnare, la complessità della rotta e delle distanze da percorrere, inclusi i tempi per le pause, per determinare il numero di consegne che un autista può effettuare in sicurezza durante il suo turno di lavoro. L’utilizzo di tecnologie come queste costituisce uno standard per il settore: la maggior parte delle società di logistica utilizza tecnologie molto simili per essere in grado di informare i clienti in tempo reale sullo stato della consegna. Lavoriamo costantemente per contribuire a migliorare l’esperienza sia per gli autisti, sia per i clienti. Gli autisti sono comunque liberi di decidere se utilizzare o meno la funzione di navigazione”.

Siamo orgogliosi del significativo contributo economico che abbiamo dato all’economia italiana dal 2010. Continueremo, pertanto, a difendere il nostro business e a supportare la crescita dei nostri fornitori dei servizi di consegna, concentrandoci sull’innovazione sia per i nostri clienti che per i nostri dipendenti e le migliaia di piccole e medie imprese italiane che vendono nel nostro negozio. Non avremo impatti sui livelli occupazionali del personale impiegato in Italia, che continua a lavorare regolarmente servendo i nostri clienti come sempre”.

La tecnologia al centro della controversia

Secondo quanto ricostruito dai pubblici ministeri nel decreto di sequestro, Amazon Italia Transport “attraverso i propri dispositivi tecnologici, esercita poteri direttivi organizzando di fatto l’attività complessiva di distribuzione e consegna merci, compresa quella relativa alla cosiddetta consegna ‘di ultimo miglio’ in apparenza appaltata, esercitando direttamente nei confronti dei singoli corrieri, formalmente dipendenti dai sopra citati fornitori, i poteri specifici del datore di lavoro”, anche nel “controllo del loro operato”.

Inoltre, secondo l’accusa, le “singole società affidatarie del servizio di consegna non dispongono nello svolgimento dell’attività di alcun potere discrezionale, in quanto i lavoratori non possono che interloquire costantemente solo con il dispositivo informatico loro in uso, dotato di un software gestionale di proprietà Amazon, con cui sono impartite le concrete direttive operative per effettuare l’attività di consegna”.

Si tratterebbe di software e dispositivi elettronici “messi a disposizione da Amazon – spiegano i Pm – studiati e impostati al fine di massimizzare la produttività e raggiungere la maggior quantità possibile di passaggi, non lasciando all’appaltatore, o comunque all’affidatario del servizio di consegna di ultimo miglio, alcuna discrezionalità operativa, residuando per esso unicamente poteri accessori, quali l’assegnazione di ruoli, l’organizzazione dei turni, il pagamento delle retribuzioni”.

Amazon e il fisco, dal 1° agosto regime nazionale

Intanto da oggi Amazon “rivoluziona” i rapporti con il fisco italiano: dall’1 agosto 2024 tutti i servizi di vendita, logistica e altri offerti fino ad oggi dalla società di diritto lussemburghese Amazon Services Europe sarl, titolare del marchio Amazon.it, passeranno in blocco a un’altra società lussemburghese (Amazon Eu sarl) ma saranno fatturati “dalla filiale del paese” in cui si trova l’attività dei venditori, applicando “il regime fiscale di quel paese”. È quanto si legge nella comunicazione, giunta nelle scorse settimane, alle partite Iva che acquistano servizi su Amazon che ha per oggetto: “Contratti Amazon Ue/Uk e trattamento Iva: aggiornamento importante”. “Se la tua attività è registrata in Germania, Francia, Italia, Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi, Polonia, Belgio o Svezia – si legge nella comunicazione – riceverai le fatture dalla filiale del paese in cui si trova la tua sede”. Verrà dunque applicato il regime fiscale di quel paese e l’Iva verrà detratta dalle tariffe e commissioni corrisposte ad Amazon.

La decisione arriva in concomitanza con la notizia dell’inchiesta della Procura di Milano, condotta dal sostituto procuratore Elio Ramondini con la guardia di finanza di Monza: una delle società del gruppo Amazon è indagata per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti in base alle contestazioni di dichiarazione infedele ed omessa dichiarazione.

L’inchiesta in realtà è stata aperta nel 2021 dopo alcuni controlli di routine, ma è venuta a galla solo nei giorni scorsi, quando, tra l’altro, in un fascicolo del tutto autonomo su presunti “serbatoi di manodopera” sono stati sequestrati per frode fiscale oltre 121 milioni di euro ad Amazon Italia Transport. Da quanto si è saputo, le Fiamme Gialle, nell’indagine in corso sulla presunta evasione fiscale, in passato hanno anche effettuato perquisizioni e acquisizioni e stanno ricostruendo, a partire dal 2019, la tipologia di business del colosso statunitense, a partire dalla suddivisione dei venditori e tracciando i percorsi della merce, per verificare se sia o meno stata rispettata la normativa relativa a tasse e imposte, come dazi doganali o Iva. Al momento, gli accertamenti puntano a verificare se sia stata commessa o meno qualche violazione e poi, nel caso, si procederà a quantificare l’eventuale ammontare della presunta evasione. La Gdf sta lavorando in tandem con l’Agenzia delle Entrate, anche se, va sottolineato, al momento non c’è alcun procedimento che faccia pensare ad un contenzioso fiscale già aperto, ma si tratta di accertamenti su profili fiscali lunghi e complessi, attraverso i quali si dovrà capire se ci siano state eventuali violazioni, anche tenendo conto del fatto che nel 2021 è cambiata la disciplina sulle tassazioni col recepimento di una direttiva europea.

Gli investigatori stanno ricostruendo le tipologie e il funzionamento del business di Amazon, oltre che i percorsi dei beni fino alla consegna al cliente, per verificare se ci siano state violazioni delle normative o meno. Amazon, tra l’altro, sul fronte tributario, a seguito di accertamenti della Gdf di Milano, aveva versato nel 2017 circa 100 milioni di euro con un accordo di risarcimento siglato con l’Agenzia delle Entrate. Sul fronte penale, invece, quel procedimento si era chiuso con un’archiviazione dell’accusa di omessa dichiarazione che era stata contestata ad un rappresentante legale della lussemburghese Amazon Eu sarl. Il gip in quel caso aveva stabilito che il colosso del commercio elettronico aveva sì creato “una stabile organizzazione occulta” in Italia, ma solo per il settore marketing e pertanto l’imposta evasa, per il periodo che andava dal 2011 all’inizio del 2015, era inferiore ai 30mila euro all’anno e quindi al di sotto della soglia di punibilità.

La trimestrale

Amazon ha visto raddoppiare l’utile netto nel secondo trimestre, un risultato migliore del previsto, trainato soprattutto dalla sua attività di cloud (remote computing), che sta beneficiando della mania dell’intelligenza artificiale (AI). Con 148 miliardi di euro le vendite del gigante della vendita al dettaglio online hanno tuttavia deluso le previsioni degli analisti, che erano leggermente superiori. Le azioni di Amazon, hanno perso oltre il 5% negli scambi elettronici dopo la chiusura delle contrattazioni alla Borsa di New York giovedì.

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