il caso

Amazon, sequestro preventivo d’urgenza da 121 milioni: “Complessa frode fiscale”



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Nel mirino della Procura di Milano Amazon Italia Transport, la società di logistica del colosso dell’e-commerce. Le indagini condotte con l’Agenzia delle Entrate. Le accuse: somministrazione illecita di manodopera, fatture illecite per contratti fittizi e falsi documenti. La società: “Rispettiamo le leggi e collaboreremo con le autorità”

Pubblicato il 23 lug 2024



amazon

Un sequestro preventivo d’urgenza da 121 milioni di euro nei confronti di Amazon Italia Transport, società di logistica controllata dal gigante statunitense dell’e-commerce: a eseguirlo è il nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Milano, su disposizione della Procura di Milano. Le indagini, che hanno contato sulla collaborazione dell’unità “contrasto illeciti” dell’Agenzia delle Entrate, sono mirate ad accertare se si sia verificata “somministrazione illecita di manodopera”, come specificato dal procuratore capo Marcello Viola. A condurre le indagini i Pm Paolo Storari e Valentina Mondovì.

Le ipotesi di reato

Le ipotesi avanzate dagli investigatori prefigurano “una complessa frode fiscale derivante dall’utilizzo, da parte della beneficiaria finale, del meccanismo illecito di fatture per operazioni giuridicamente inesistenti a fronte della stipula di fittizi contratti di appalto per la somministrazione di manodopera, in violazione della normativa di settore, che ha portato all’emissione e al conseguente utilizzo dei falsi documenti”.

È stato rilevato – secondo quando ipotizzato dalla Procura di Milano – che i rapporti di lavoro con la società committente sono stati schermati da società-filtro che a loro volta si sono avvalse di diverse società cooperative, che hanno sistematicamente omesso il versamento dell’Iva, nonché degli oneri di natura previdenziale e assistenziale”.

Semplificando, l’ipotesi investigativa è che si trovi davanti a un caso di “serbatoi di manodopera”, quello attraverso il quale grandi aziende possono contare su “tariffe altamente competitive” sul mercato dando i servizi di logistica “in appalto” ad alcune cooperative, consorzi o altre “società filtro” in modo irregolare e arrivando allo sfruttamento del lavoro.

La replica di Amazon

“Rispettiamo tutte le leggi e le normative vigenti in ogni Paese in cui operiamo e richiediamo che le aziende che lavorano con noi facciano lo stesso”. Questa la replica di Amazon affidata a una nota. “Abbiamo definito standard elevati sia per noi che per i nostri fornitori, e abbiamo un Codice di condotta che i fornitori devono rispettare per poter lavorare con noi – conclude lo statement – Continueremo a collaborare prontamente con le autorità competenti nel corso dell’indagine”.

Perquisizioni tra Milano e Torino

Per accertare i fatti sarebbero in corso proprio in queste ore una serie di perquisizioni tra Milano e Torino “nei confronti delle persone fisiche e giuridiche coinvolte, con contestuale notifica delle informazioni di garanzia – spiega la Procura – anche in tema di responsabilità amministrativa degli enti in relazione agli illeciti penali commessi dai dirigenti della società, a favore di quest’ultima”.

Le inchieste precedenti

Le indagini che riguardano Amazon sono soltanto l’ultimo atto di una serie di inchieste della Procura di Milano che nel tempo hanno coinvolto circa 15 aziende, e che si sono concluse con risarcimenti per una cifra complessiva di circa mezzo miliardo di euro, con gli indagati che – come spiega la Procura – “hanno proceduto ad internalizzare i dipendenti”, portando alla stabilizzazione, nel tempo, di circa 14mila dipendenti.

Le accuse ad Amazon

Secondo quanto ricostruito dai pubblici ministeri nel decreto di sequestro Amazon Italia Transport “attraverso i propri dispositivi tecnologici, esercita poteri direttivi organizzando di fatto l’attività complessiva di distribuzione e consegna merci, compresa quella relativa alla cosiddetta consegna ‘di ultimo miglio’ in apparenza appaltata, esercitando direttamente nei confronti dei singoli corrieri, formalmente dipendenti dai sopra citati fornitori, i poteri specifici del datore di lavoro”, anche nel “controllo del loro operato”.

Inoltre, secondo l’accusa, le “singole società affidatarie del servizio di consegna non dispongono nello svolgimento dell’attività di alcun potere discrezionale, in quanto i lavoratori non possono che interloquire costantemente solo con il dispositivo informatico loro in uso, dotato di un software gestionale di proprietà Amazon, con cui sono impartite le concrete direttive operative per effettuare l’attività di consegna”.

Si tratterebbe di software e dispositivi elettronici “messi a disposizione da Amazon – spiegano i Pm – studiati e impostati al fine di massimizzare la produttività e raggiungere la maggior quantità possibile di passaggi, non lasciando all’appaltatore, o comunque all’affidatario del servizio di consegna di ultimo miglio, alcuna discrezionalità operativa, residuando per esso unicamente poteri accessori, quali l’assegnazione di ruoli, l’organizzazione dei turni, il pagamento delle retribuzioni”

Barcellona annulla la “tassa Amazon”

Altre notizie su Amazon arrivano dalla Catalogna, dove il tribunale regionale ha dichiarato nulla un’imposta introdotta nel 2023 a Barcellona sull’uso dello spazio pubblico nelle consegne da parte di piattaforme digitali come Amazon. Una tassa nota come “tassa Amazon“, nata con l’intenzione di equilibrare le conseguenze “dell’uso intensivo” dello spazio pubblico da parte degli operatori dell’ambito del “commercio elettronico”, che secondo i giudici violerebbe però il principio di libera circolazione delle merci.

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