L’amministrazione comunale di Seattle ha approvato una nuova misura fiscale che tassa le grandi aziende della città con alti fatturati. La prima ad essere colpita è Amazon: la tassa prevede che le aziende con almeno 7 milioni di dollari annui di spese per il personale vengano sottoposte a un prelievo fiscale tra lo 0,7% e il 2,4% sulla cifra che pagano per i dipendenti impiegati nelle sedi di Seattle. La tassa ha degli scaglioni basati sui singoli stipendi del valore di almeno 150.000 dollari annui. La fascia più alta mira a aziende con volumi d’affari imponenti, come Amazon, le cui spese superano 1 miliardo di dollari annui: queste imprese saranno tassate al 2,4% per i dipendenti con stipendi superiori a 400.000 dollari l’anno.
La tassa è chiamata “JumpStart Seattle”, a sottolineare che il suo obiettivo è far ripartire l’economia della città dopo la crisi innescata dal coronavirus. La misura è stata approvata con 7 voti favorevoli e 2 contrari e entrerà in vigore nel 2021. Oltre a finanziare la ripresa post-Covid 19, il gettito fiscale servirà anche per le politiche sociali a favore dei meno privilegiati e dei senzatetto.
Imprese sul piede di guerra
Amazon ha aspramente combattuto contro le manovre fiscali di Seattle. Già nel 2018 l’amministrazione comunale della città nello Stato di Washington aveva votato sì a una nuova tassa sulle imprese più grandi per finanziare i programmi di assistenza ai senzattetto e la costruzione di case popolari. L’ostracismo delle grandi imprese ha alla fine portato all’annullamento della legge.
L’imposta approvata nel 2018 – come quella attuale – aveva la forma di una “head tax”, ovvero un’imposta sul personale. I media Usa l’hanno ribattezzata anche una “Amazon tax“, perché il colosso del commercio elettronico è uno dei maggiori datori di lavoro a Seattle (più di 40.000 dipendenti). L’opposizione di Amazon al provvedimento è stata tale che Jeff Bezos ha sospeso i lavori per la costruzione di un nuovo maxi ufficio che occupa un grattacielo di 17 piani a Seattle e ha provocatoriamente dichiarato che piuttosto preferisce spendere la sua fortuna in viaggi nello spazio. Ma anche altre aziende si sono opposte alla tassa sul personale, che rischia di scoraggiare l’assunzione di nuove risorse e anzi minaccia la stessa capacità di mantenere le sedi di business a Seattle.
Manovra fiscale più aggressiva
La consigliera comunale Kshama Sawant non ha mollato la presa e ha organizzato una campagna “Tax Amazon” riaprendo il dibattito sulla tassazione delle grandi imprese. La legge è alla fine stata presentata dalla consigliera Teresa Mosqueda con la nuova formula della JumpStart tax che è più aggressiva della precidente legge “Tax Amazon”, che si fermava a un’aliquota unica dello 0,7% sulle spese per gli stipendi nelle grandi imprese.
È “un grande passo in avanti nella creazione di un sistema fiscale a fasce che funziona per tutti”, ha commentato la Mosqueda. Le aziende sono di nuovo sul piede di guerra e la Camera di commercio (Greater Seattle Chamber of Commerce) ha commentato che la tassa “fonda il futuro economico di Seattle sulla scommessa che le imprese locali restino in buona salute”, mentre la crisi è solo cominciata “ed è destinata ad aggravarsi”.
Amazon si trasferisce
La Camera di commercio teme la fuga delle grandi imprese dalla città: Amazon potrebbe convincersi definitivamente a spostare i suoi uffici fuori da Seattle. Già da qualche anno il colosso di Bezos ha aperto sedi esterne e lo scorso mese ha annunciato che affitterà un ufficio da 111.000 piedi quadrati per oltre 600 dipenenti nella città di Redmond. Amazon ha anche una sede nell’area suburbana di Bellevue, dove sta costruendo un grattacielo da 43 piani: sarà il suo ufficio più grande.