Il futuro è il 5G ma l’attuale rete Lte 4G non scomparirà, parola di Qualcomm. Quando sono state lanciate le reti 3G, nel 2002, alcune compagnie telefoniche hanno sfruttato la nuova tecnologia veloce come fattore di differenziazione, saltando a pie’ pari il 2G e la sua versione veloce, l’Edge. La stessa cosa non è successa con il 4G per vari motivi. Tra questi, ha giocato un ruolo importante la scarsità di frequenze che, fino a che non sarà terminato il riordino dell’etere e non verranno anche chiuse le vecchie reti 2G (in parte responsabili per la scarsa autonomia di batteria degli smartphone di ultima generazione) impediscono alle cose di cambiare.
Tuttavia, quando nel 2020-21 lo scenario sarà maturo per il 4G veloce, con più frequenze e tecnologie da un gigabit al secondo di dati, sarà in pista anche la nuova generazione di tecnologie per la telefonia e i dati in mobilità: il 5G. Si presenta quindi un nuovo ingorgo di tecnologie: come verrà gestito questa volta?
Secondo Qualcomm, il colosso dei semiconduttori per il wireless, questa volta vincerà la sinergia e non la sostituzione. «Gli operatori devono capire – ha spiegato a CorCom Cristiano Amon, presidente di Qualcomm Cdma Technologies (Qct) durante l’evento Qualcomm dedicato alle reti veloci tenutosi alcune settimane fa a Hong Kong – che 4G e 5G sono complementari e gli investimenti vanno fatti su entrambe le reti. Perché l’alta densità di trasmissione del 5G ci sarà solo in pochi centri, mentre il più economico 4G costerà sempre meno ma continuerà a svilupparsi: crescerà come velocità e coprirà tutte le zone in cui non ci sarà il 5G. Alcune provvisoriamente e altre permanentemente».
Per questo, secondo Qualcomm, nei prossimi anni non vedremo nascere operatori 5G “puri”. O almeno non lo vedremo su scala nazionale e in competizione con i carrier tradizionali. Potrebbero esistere per servizi avanzati di dati in aerea metropolitana o per servizi particolari. Ma non avranno mai spazio e campo per coprire un intero paese.
Non c’è solo questo. La rete 4G diventerà sempre più importante perché proprio in questi due anni stiamo vedendo una transizione strategica nel settore dei servizi M2M, “machine to machine”. È l’ossatura della Internet of Things: il settore che vede connessi alla rete, spesso in modalità wireless, apparati industriali, impianti di produzione, sensori di vario genere, terminali di informazione come le paline degli autobus con gli orari. È il 5% del totale degli oggetti che si possono connettere, e ci sono voluti venti anni per arrivare a questo livello. La transizione nei prossimi due-tre anni sarà rapidissima e prenderà in carico il restante 95%. Ma anche quel 5%, già enorme di per sé, verrà trasformato.
«Gli apparecchi M2M connessi – dice Amon – oggi sono agganciati alla rete 2G con sistemi Gprs a basso o bassissimo consumo. Quelle tecnologie vengono sostituite via via dagli operatori dei differenti settori con i nuovi apparecchi 4G a bassissimo consumo, con lo standard LTE M2M. Stiamo parlando di una transizione che dovrà durare anni, anzi più di un decennio».
Sarà la base per l’Internet of Things, tutta quella parte di connessioni che si muove sulle reti di telefonia mobile e non via WiFi e Bluetooth. Una trasformazione che si fa una volta sola, non si cambia per la moda o perché dopo un paio di anni è arrivata una nuova tecnologia. «Ci sono impianti connessi alla rete via Gprs – dice Raj Talluri, vicepresidente senior incaricato della gestione dei prodotti per il mercato IoT – con batterie a secco che durano quattro o cinque anni».
La transizione è orientata verso il 4G e permetterà di chiudere definitivamente, nei prossimi tre o quattro anni, le reti 2G di tutto il pianeta. Il passo successivo sarà la trasformazione in “smart” del corpo delle persone, delle loro case, delle città e dei sistemi di trasporto. La maggior parte di queste connessioni avverrà utilizzando anche sistemi di comunicazione com modem Lte per sistemi IoT di Cat NB1 da 10kbps o di Cat M1 da un megabit per secondo. «Un orizzonte nuovo – dice Talluri – perché mentre per i sistemi da integrare dentro tablet e smartphone conosciamo molto bene gli usi, per quello che andrà nella Internet of Things, gli usi e i possibili fattori di forma sono ancora tutti da inventare». .
«In tutto questo – dice Talluri – c’è una sicurezza: non parliamo di sistemi 5G ma di sistemi LTE NB». Sono i chip e le antenne radio che sfruttano nuove bande di trasmissione, nuove fette di spettro, e le cui specifiche, problematiche e costi sono conosciuti sia da Qualcomm che dagli operatori e dalle aziende. Un investimento, insomma, sul sicuro per una tecnologia come quella LTE più malleabile del 3G, con un raggio maggiore, consumi più contenuti, risultati attesi migliori per affidabilità e continuità oltre che per capacità. «Non sbagliamoci – conclude Amon – il 5G va alla velocità giusta, è molto più stabile di quanto non ci immaginassimo due anni fa e gli operatori sono molto motivati. Il potenziale enorme. I consumatori lo chiedono. Ma non dimenticate il 4G, perché l’LTE è qui adesso ed è destinato a rimanere a lungo con noi».