Quindici denunciati, tra cui 5 minorenni, e decine di computer
sequestrati: è il bilancio dell'operazione che ha portato la
polizia postale italiana a scoprire la cellula italiana di
Anonymous, la rete di hacker mondiale responsabile di diversi
attacchi a siti istituzionali e di grosse aziende in tutto il
mondo.
L'operazione però non è conclusa: al vaglio degli
investigatori ci sono infatti le posizioni di almeno una trentina
di persone che, a vario titolo, avrebbero avuto rapporti con il
gruppo che in Italia si è reso protagonista di attacchi a diversi
siti istituzionali e di aziende tra cui quelli di Camera, Senato,
Governo, Agcom, Eni, Enel, Finmeccanica, Mediaset e Rai. Degli
“anonimi” italiani c'è un ragazzo di 26 anni italiano ma
nato e residente in Svizzera, nel Canton Ticino. Con il nickname di
“Phre” era lui a organizzare e a dare il via agli attacchi,
mentre i target da colpire venivano scelti dopo una discussione tra
tutti i partecipanti del gruppo, rigorosamente in Rete.
Tra i denunciati ci sono anche 5 minorenni, il più piccolo dei
quali ha 15 anni. Uno di loro aveva il compito di effettuare i
cosiddetti “penetration test”, cioè verificare la reale
possibilità di portare a compimento le azioni.
Gli attacchi realizzati dal gruppo sono stati decine a partire
almeno da gennaio 2011 e sono proseguiti fino a ieri quando
Anonymous ha colpito il sito dell'Agcom. Agli indagati, a vario
titolo, il Pm della procura di Roma Lori contesa i reati di accesso
abusivo e danneggiamento al sistema informatico e interruzione di
pubblico servizio. Reati che, nelle forme aggravate, prevedono pene
che superano i 5 anni.
Decine le perquisizioni che sono state svolte questa mattina in
diverse regioni italiane e anche in Svizzera: gli investigatori
hanno sequestrato computer e materiale cartaceo che è ora al
vaglio degli inquirenti e consentirà di risalire ad ulteriori
appartenenti al gruppo. Dal materiale raccolto finora non emergono
rapporti e legami tra gli indagati con gruppi antagonisti ed
eversivi. La loro era un'azione “trasversale” – spiegano
gli investigatori – che mirava a colpire diverse realtà sulla base
di indicazioni che venivano anche dagli appartenenti del gruppo
negli altri Paesi.
Il metodo utilizzato dagli hacker era quello di servirsi di server,
in alcuni casi affittati all'estero, con potenti capacità di
banda, grazie ai quali erano richiesti si siti sotto attacco
comandi che mandavano in tilt il sistema. "Mentre in passato –
puntualizza il vice questore aggiunto Tommaso Palumbo, direttore
del Cnaipic (Centro Nazionale Anticrimine Informatico) della
Polizia delle Comunicazioni – erano necessari per l'attacco
informatico centinaia di ragazzi che collegandosi facevano saltare
il sito, oggi si utilizzano grossi server che mandano in tilt il
sistema utilizzando quindi apparecchiature veramente alla portata
di tutti".
A commentare la notizia sulla cattura dei membri italiani di
Anonymous interviene anche Alexander Moiseev di Kasperksy Lab
Italia, sottolineando che “ mentre l’opinione pubblica fa
convergere tutta la sua attenzione sugli 'attivisti', la
rete è colpita da numerosi e pericolosissimi attacchi che restano
sconosciuti al grande pubblico e che rappresentano la vera minaccia
causando i danni maggiori”.
“Gli attacchi avvenuti nelle ultime settimane – prosegue
Moiseev – dimostrano come ci siano siti importanti poco protetti
e dunque vulnerabili e come ci sia poca attenzione verso le aziende
che custodiscono dati sensibili. C’è sempre una lezione da
imparare da tutti gli attacchi che vengono subiti ma è importante
capire in questo momento, che ci sono minacce ben più gravi degli
“attivisti”, le quali hanno un preciso scopo di lucro per ogni
loro azione”.