Il matrimonio tra la statunitense Apple e l’asiatica Foxconn è in crisi. Finora la produzione finale di gran parte degli iPhone è avvenuta negli impianti del colosso con sede principale a Taiwan e filiali in tutta la Cina, ma adesso, secondo indiscrezioni del Wall Street Journal, il gruppo californiano sta affidando sempre più lavoro al fornitore Pegatron, competitor di Foxconn.
È infatti questa azienda, anch’essa con sede a Taiwan, ad aver ottenuto le commesse come assemblatore primario degli iPhone low-cost attesi per quest’anno. Pegatron ha già relazioni commerciali con altri colossi hi-tech e per Apple, con cui collabora dalla fine degli anni Novanta, ha contribuito all’assemblaggio degli iPhone dal 2011, ma la prova del nove sono stati gli iPad mini.
Ha 100mila dipendenti a Taiwan e in Cina e prevede un aumento della forza lavoro del 40% nella seconda metà dell’anno, attribuibile proprio alla richiesta di iPhone low-cost. In questo modo Tim Cook, amministratore delegato della Mela, apre a un altro fornitore che, secondo il quotidiano finanziario, accetterà profitti inferiori rispetto alla rivale.
È un cambio di passo anche simbolico. Per anni si sono fronteggiate due figure carismatiche sulle sponde dell’Oceano Pacifico: Steve Jobs, che ha fondato Apple con Steve Wozniak, e Terry Gou che ha gettato le basi per Foxconn. Ma l’intesa tra “due leader con il complesso da eroe”, come li hanno definiti alcuni commentatori, si è incrinata con l’arrivo di Tim Cook alle redini del gruppo californiano, una mossa che ha contribuito a cambiare gli equilibri.
Questo cambiamento si è riflesso negli ultimi conti trimestrali delle due società. Come aveva già anticipato il Financial Times a metà mese, Foxconn ha registrato la peggiore contrazione dei ricavi da oltre dieci anni. Nell’arco di tre mesi il calo su base annuale è stato del 19% a 809 miliardi di dollari taiwanesi, 27 miliardi di dollari americani. Nello stesso periodo invece Pegatron ha registrato un balzo (sempre su base annuale) del 31% dei ricavi a 195,27 di dollari taiwanesi, 6,5238 dollari americani.
I rapporti tra Apple e Foxconn negli ultimi mesi sono stati difficili. Il gruppo di Taiwan ha affrontato lo scrutinio dei media e delle organizzazioni non profit per le pessime condizioni di lavoro dei dipendenti nei suoi stabilimenti, che hanno indotto alcuni operai al suicidio e a proteste organizzate. Un pubblicità negativa che ha avuto inevitabili ripercussioni anche sull’immagine della Mela.
Foxconn ha inoltre dichiarato che la produzione di iPhone 5 è stata la più complessa mai gestita e ha faticato a tenere i ritmi voluti da Apple.
Nella seconda parte dell’anno, inoltre, Pegatron ha detto di volere aumentare del 40% la forza lavoro in Cina, ora pari a 100.000 unità, per stare al passo con il lancio di nuovi prodotti. Al contrario Foxconn ha congelato a inizio anno le assunzioni in gran parte delle sue fabbriche cinesi, che comunque contano un milione di lavoratori.
Per gli analisti è normale che Apple non voglia fare affidamento su un solo fornitore, soprattutto dopo una serie di problemi e scelte sempre più difficili negli Stati Uniti.
Foxconn per esempio aveva repentinamente cambiato la fonte delle componentistica senza prima interpellare Apple. E Pegatron ha colto l’occasione: con un’aggressiva strategia di prezzo si è resa più allettante della rivale più grande, che ha invece deciso di scaricare sul gruppo guidato da Cook i costi per l’aumento dei salari in Cina e per il trasferimento delle fabbriche nelle province cinesi.
Se Apple tenta di diversificare la base dei suoi partner, allo stesso tempo Foxconn sta cercando di essere sempre meno dipendente da Apple con risultati però non sempre soddisfacenti.