A “stoppare” l’udienza è stata l’Fbi, con una lettera indirizzata alla corte, in cui gli investigatori hanno informato i giudici di poter sbloccare l’iPhone dell’attentatore della strage di San Bernardino senza l’aiuto di Apple. Il tribunale, preso atto della novità, ha rinviato l’udienza al 5 aprile, in attesa di capire se il metodo trovato dall’Fbi sia valido e consenta di risalire ai dati di cui hanno bisogno sullo smartphone di Syed Rizwan Farook.
I giudici dovevano stabilire se la polizia federale poteva costringere Apple a sbloccare l’iPhone. Secondo il documento presentato dall’Fbi al Tribunale una “terza parte” ha dimostrato alle forze di sicurezza che “c’è un modo per sbloccare” il cellulare di Syed Rizwan Farook. Così la corte ha annunciato che “farà delle prove per verificare se il metodo è valido e può funzionare senza compromettere i dati sull’iPhone. Se il metodo è valido questo renderà inutile l’assistenza di Apple”.
Nella strage di San Bernardino, il due dicembre, Rizwan Farook e la moglie uccisero 14 persone all’interno di un centro per disabili. Finora Apple aveva resistito a tutte le ingiunzioni dei giudici che le avevano ordinato di creare un software per sbloccare gli iPhone, sostenendo che se avesse accettato la richiesta questo avrebbe dato il via a un effetto a cascata pericoloso per la privacy dei propri utenti. Nei giorni scorsi era anche circolata la voce che gli ingegneri della casa di Cupertino fossero disposti a dimettersi pur di non creare il software per violare la sicurezza dello smartphone.
Ieri Tim Cook, aprendo al campus di Cupertino con il proprio keynote speech l’happening per la presentazione del nuovo iPhone SE, era tornato sul tema: ”Riteniamo di avere la
responsabilità di proteggere i vostri dati e la vostra privacy – aveva sottolineato – Non ci tireremo indietro da questa responsabilità”.