Si farà più corposo il dossier antitrust della Commissione europea contro Apple: secondo anticipazioni in esclusiva pubblicate da Reuters, la Mela vedrà allargarsi il fronte delle accuse relative alla concorrenza nel mercato dello streaming musicale e che riguardano, in concreto, le commissioni imposte nell’App Store e l’uso obbligatorio del sistema di pagamento in-app per gli sviluppatori terzi.
La denuncia agli uffici diretti da Margrethe Vestager è stata originariamente presentata da Spotify nel 2019. La piattaforma europea sostiene che il colosso di Cupertino ostacoli intenzionalmente i servizi concorrenti al fine di tutelare la propria offerta e, in particolare Apple Music. Dall’indagine dell’esecutivo dell’Ue è scaturito uno statement of objections che riconosce in via preliminare la possibile violazione delle norme Ue sulla concorrenza.
Secondo Reuters l’Antitrust europeo intende presentare nuove accuse di violazione delle norme sulla concorrenza in uno statement of objections supplementare che dovrebbe essere reso noto nelle prossime settimane.
Bruxelles teme la distorsione della concorrenza
Dopo le denunce di Spotify e l’apertura dell’indagine antitrust europea, ad aprile del 2021 la Commissione ha concluso, in via preliminare, che Apple (come si legge nella nota di Bruxelles) avrebbe distorto la concorrenza nel mercato dello streaming musicale in quanto abusava della sua posizione dominante per la distribuzione di app di streaming musicale tramite il suo App Store. La Commissione contesta l’uso obbligatorio del meccanismo di acquisto in-app di Apple imposto agli sviluppatori di app di streaming musicale per distribuire le loro app tramite l’App Store. La Commissione teme inoltre che Apple applichi determinate restrizioni agli sviluppatori di app che impediscono loro di informare gli utenti di iPhone e iPad di possibilità di acquisto alternative e meno costose.
La Commissione ha inviato ad Apple uno statement of objections (comunicazione degli addebiti) sull’applicazione di queste regole a tutte le app di streaming musicale che competono con l’app di streaming musicale Apple Music nello Spazio economico europeo.
La rivolta degli sviluppatori di app
Spotify (ma non è l’unica azienda ad aver denunciato i termini dell’App Store) afferma che Apple impone regole nel suo negozio di applicazioni che limitano la scelta e ostacolano l’innovazione a spese dell’esperienza utente, agendo di fatto sia da operatore che da arbitro per danneggiare deliberatamente gli altri sviluppatori di app e “concedere a se stessa vantaggi sleali”. Spotify denuncia il ruolo di “gateway” di Apple, passaggio obbligato che regola e gestisce gli accessi ai servizi Internet.
In particolare la commissione del 30% che Apple preleva quando un utente di Spotify fa un acquisto, per esempio per pagare la versione premium, avrebbe costretto Spotify a portare l’abbonamento mensile a 12,99 dollari per gli utenti Apple anziché 9,99 dollari (prezzo cui viene proposto Apple Music). Del resto, se Spotify sceglie di non usare il sistema di pagamento di Apple per aggirare la “tassa” del 30%, Apple applica una serie di restrizioni tecniche che rendono meno accattivante l’esperienza su Spotify, denuncia l’azienda. Questo comportamento avrebbe escluso Spotify e altri concorrenti dai servizi Apple come Siri, HomePod e Apple Watch.
Nel 2020 la questione degli acquisti in-app è diventato il cuore della disputa tra Apple e Epic Games.
Come “rimedio”, al vaglio dell’Antitrust europeo c’è la richiesta ad Apple di aprire iPhone e iPad alle app di terze parti. La Mela ha protestato affermando che se si permette agli utenti dei dispositivi mobili di Apple di installare software anche al di fuori di quanto proposto sull’App Store, la sicurezza e la privacy di iPhone e iPad sarebbe minacciata e il rischio di malware e cyberattacchi esploderebbe.