Tegola Ue su Apple. La Commissione europea ha sanzionato la società di Cupertino con una multa di oltre 1,8 miliardi di euro per aver abusato della sua posizione dominante sul mercato della distribuzione di applicazioni di streaming musicale agli utenti di iPhone e iPad (utenti iOS) attraverso il suo App Store. Il procedimento era stato avviato dalla Commissione europea a giugno 2020.
I motivi della sanzione
Secondo la Commissione Apple ha applicato restrizioni agli sviluppatori di app impedendo loro di informare gli utenti iOS su servizi di abbonamento musicale alternativi e più economici disponibili al di fuori della sua app (disposizioni anti-steering). La condotta di Apple che si è protratta per quasi dieci anni, potrebbe aver indotto molti utenti iOS a pagare prezzi significativamente più alti per gli abbonamenti allo streaming musicale a causa delle elevate commissioni imposte da Apple agli sviluppatori e trasferite ai consumatori sotto forma di prezzi di abbonamento più elevati per lo stesso servizio sull’App Store. Inoltre, le disposizioni anti-steering della Mela hanno comportato un danno non monetario sotto forma di un’esperienza utente degradata: gli utenti iOS hanno dovuto effettuare una ricerca macchinosa prima di trovare le offerte pertinenti al di fuori dell’app, oppure non si sono mai abbonati a nessun servizio perché non hanno trovato quello giusto da soli.
Come è stata fissato l’ammontare della multa
Nel fissare il livello dell’ammenda, la Commissione ha tenuto conto della durata e della gravità dell’infrazione, oltre che del fatturato totale e della capitalizzazione di mercato di Apple. Ha anche tenuto conto del fatto che l’azienda ha fornito informazioni non corrette nell’ambito della procedura amministrativa. Inoltre, la Commissione ha deciso di aggiungere all’importo di base dell’ammenda un’ulteriore somma forfettaria di 1,8 miliardi di euro per garantire che l’ammenda complessiva inflitta ad Apple sia sufficientemente dissuasiva.
“Tale ammenda forfettaria si è resa necessaria in questo caso perché una parte significativa del danno causato dalla violazione consiste in un danno non monetario, che non può essere adeguatamente contabilizzato secondo la metodologia basata sui ricavi, come stabilito negli Orientamenti della Commissione sulle ammende del 2006 – spiega Bruxelles in una nota – Inoltre, l’ammenda deve essere sufficiente a dissuadere Apple dal ripetere la presente violazione o una violazione simile e a dissuadere altre società di dimensioni simili e con risorse simili dal commettere la stessa violazione o una violazione simile”. Bruxelles ha inoltre ordinato ad Apple di rimuovere le disposizioni anti-steering e di astenersi dal ripetere l’infrazione o dall’adottare in futuro pratiche con oggetto o effetto equivalente.
Vestager: “Possibile usare decisione Ue per chiedere compensazioni”
“I consumatori sono stati messi nella situazione di pagare troppo o di non trovare quello che cercavano – ha commentato la vice presidente esecutiva alla Concorrenza Margrethe Vestager – La nostra indagine ha mostrato che poco più del 20% dei consumatori che avrebbero altrimenti sottoscritto un abbonamento premium con Spotify non lo hanno fatto per le regole anti-steering. Questo non è un dettaglio, si tratta di mlioni di persone che hanno pagato 2-3 euro in più al mese. Il quadro di regole europee per la concorrenza non prevede compensazioni per i consumatori ma la nostra decisione può servire da prova in caso di ricorso ad un tribunale”.
La reazione di Apple
Dura la reazione di Cupertino, secondo cui la decisione “è stata presa nonostante l’incapacità della Commissione di scoprire prove credibili di danni ai consumatori e ignora la realtà di un mercato fiorente, competitivo e in rapida crescita”.
“Il principale sostenitore di questa decisione, è il più grande beneficiario è Spotify, una società con sede a Stoccolma, in Svezia – puntualizza una nota di Apple – Spotify ha la più grande app di streaming musicale al mondo e ha incontrato la Commissione europea piu’ di 65 volte durante questa indagine”.
“Oggi Spotify detiene una quota del 56% del mercato europeo dello streaming musicale – più del doppio di quella del suo concorrente più vicino – e non paga nulla ad Apple per i servizi che hanno contribuito a renderli uno dei marchi più riconoscibili al mondo. Gran parte del loro successo è dovuto all’App Store, insieme a tutti gli strumenti e la tecnologia che Spotify utilizza per creare, aggiornare e condividere la propria app con gli utenti Apple in tutto il mondo”, spiega ancora.
L’affondo su Spotify
“Iniziando come una piccola startup a Stoccolma, in Svezia, Spotify ha trasformato la propria azienda nel più grande business di musica digitale al mondo. Detengono una quota di oltre il 50% del mercato europeo e su iOS Spotify ha una quota ancora più elevata rispetto a Android – prosegue Apple – Ma questa è solo una parte del quadro, perché il mercato europeo della musica digitale è assolutamente esploso. Le aziende competono per nuovi clienti. I consumatori hanno molte opzioni tra cui scegliere. E l’anno scorso c’erano quasi 160 milioni di abbonati – rispetto ai 25 milioni del 2015 – con un incredibile tasso di crescita annuo del 27%. Aziende come Google, Amazon, Deezer, SoundCloud e Apple competono ogni giorno per conquistare clienti, ma Spotify è al vertice”.
“Nonostante questo successo e il ruolo dell’App Store nel renderlo possibile, Spotify non paga nulla ad Apple. Questo perché Spotify, come molti sviluppatori sull’App Store, ha fatto una scelta. Invece di vendere abbonamenti nella loro app, li vendono sul loro sito web – puntualizza ancora la nota – E Apple non riscuote alcuna commissione su tali acquisti. Nel complesso, l’app Spotify è stata scaricata, riscaricata o aggiornata piu’ di 119 miliardi di volte sui dispositivi Apple. E’ disponibile su App Store in oltre 160 paesi in tutto il mondo. E ci sono molti altri modi in cui Apple crea valore per Spotify, senza alcun costo per l’azienda: La nostra ingegneria aiuta a garantire che le app di Spotify possano funzionare perfettamente con Siri, CarPlay, Apple Watch, AirPlay, Widget e altro ancora. Come ogni sviluppatore, Spotify puo’ accedere alle oltre 250 mila Api di Apple (e utilizza 60 dei nostri framework) in modo che le sue app possano connettersi tramite Bluetooth, inviare notifiche, riprodurre audio in background sul dispositivo di un utente e altro ancora”.
“Ma la gratuità non è sufficiente per Spotify. Vogliono anche riscrivere le regole dell’App Store, in un modo che li avvantaggi ancora di più. Come molte aziende, Spotify utilizza e-mail, social media, messaggi di testo, annunci web e molti altri modi per raggiungere potenziali clienti. Secondo la regola del lettore dell’App Store, Spotify puo’ anche includere nella propria app un collegamento a una pagina Web in cui gli utenti possono creare o gestire un account. Abbiamo introdotto la regola del lettore anni fa in risposta al feedback di sviluppatori come Spotify. E molte app di lettura utilizzano questa opzione per collegare gli utenti a una pagina Web, dagli e-reader ai servizi di streaming video. Anche Spotify potrebbe farlo, ma hanno scelto di non farlo. Spotify vuole invece piegare le regole a proprio favore incorporando i prezzi degli abbonamenti nella propria app, senza utilizzare il sistema di acquisto in-app dell’App Store. Vogliono utilizzare gli strumenti e le tecnologie di Apple, distribuirli sull’App Store e beneficiare della fiducia che abbiamo costruito con gli utenti, senza pagare nulla ad Apple per questo. In breve, Spotify vuole di più, accusa Apple.
“Nel 2015, Spotify ha iniziato a collaborare con la Commissione Europea su un’indagine con poco fondamento nella realtà – ricorda Cupertino – Sostenevano che il mercato della musica digitale fosse in fase di stallo e che Apple stesse trattenendo i concorrenti. Sfortunatamente per loro, Spotify ha continuato a crescere e, grazie in parte all’App Store, ha eclissato ogni altro business di musica digitale nel mondo. Nel corso dei successivi otto anni e in oltre 65 incontri con Spotify, la Commissione europea ha cercato di costruire tre casi diversi. Ad ogni svolta, hanno ristretto la portata delle loro affermazioni, ma ogni teoria ha avuto un paio di caratteristiche in comune: nessuna prova di danni ai consumatori, i consumatori europei hanno piu’ scelte che mai in un mercato della musica digitale che e’ cresciuto in modo esponenziale. In soli otto anni, è passato da 25 milioni di abbonati a quasi 160 milioni – con oltre 300 milioni di ascoltatori attivi – e Spotify è stato il più grande vincitore. Nessuna prova di comportamento anticoncorrenziale: otto anni di indagini non hanno mai prodotto una teoria valida che spieghi come Apple abbia ostacolato la concorrenza in un mercato cosi’ chiaramente fiorente”.
Spotify: “Decisione importante nella lotta per un Internet più aperto”
Soddisfazione è stata ovviamente espressa da Spotify, il cui ricorso ha fatto aprire la procedura contro Apple. Secondo l’azienda svedese la decisione Ue rappresenta “un momento importante nella lotta per un Internet più aperto per i consumatori”.
“Questa decisione invia un messaggio forte: nessuna azienda, nemmeno un monopolio come Apple, può esercitare un potere abusivo per controllare il modo in cui altre aziende interagiscono con i propri clienti – spiega una nota di Spotify – Le regole di Apple hanno impedito a Spotify e ad altri servizi di streaming musicale di condividere con i propri utenti, direttamente nelle app, i vari benefit, negando la possibilità di comunicare con loro le modalità di aggiornamento e il prezzo degli abbonamenti, le promozioni, gli sconti e numerosi altri vantaggi. Naturalmente, Apple Music, un concorrente di queste app, non è tenuto a comportarsi nello stesso modo. Chiedendo ad Apple di interrompere la sua condotta illegale nell’UE, la CE mette i consumatori al primo posto. È un concetto fondamentale del libero mercato: i clienti devono sapere quali opzioni hanno a disposizione e questi ultimi – non Apple – devono decidere cosa acquistare, dove, quando e come”.
Digital Makets Act, le notifiche di Booking, ByteDance e X
Intanto la Commissione ha ricevuto notifiche venerdì 1 marzo 2024 da Booking, ByteDance e X in merito ai servizi principali della loro piattaforma che potrebbero soddisfare le soglie del Digital Markets Act a partire dal 1 gennaio 2024, il che potrebbe renderli soggetti alle nuove norme sulle piattaforme “gatekeeper”. Le aziende possono essere soggette alle nuove regole Ue se gestiscono un servizio di piattaforma principale, come, tra gli altri, motori di ricerca, app store, servizi di messaggistica, e soddisfano anche alcuni criteri specifici: hanno 45 milioni di utenti finali attivi mensilmente e 10.000 utenti aziendali annuali, hanno un impatto significativo sul mercato e hanno una posizione di mercato stabile.
Sei società sono già state designate come gatekeeper per 22 servizi principali della piattaforma e le regole si applicheranno a loro a partire dal 7 marzo 2024. Bruxelles ha ora 45 giorni lavorativi, ovvero fino al 13 maggio 2024, per decidere se designare le società come gatekeeper.