I colossi dell’hi-tech contro il governo americano: Apple e Microsoft guidano una cordata di aziende schierate apertamente contro le richieste di informazioni avanzate dalle autorità statunitensi. Lo scontro delle società con il governo Usa riflette l’accresciuta resistenza dei giganti del settore tecnologico, nell’era post-Edward Snowden (la talpa del Datagate), per dimostrare che stanno cercando di proteggere le informazioni dei clienti.
Come riporta il New York Times, nel corso di alcune indagini su un traffico di armi e droga, Apple si è opposta alla richiesta del Dipartimento di Giustizia e dell’Fbi di poter aver accesso ad alcune conversazioni su iMessage (il servizio di messaggistica dei dispositivi Apple) tra alcuni sospettati nell’inchiesta. “La società non ha modo di decriptare le conversazioni di iMessage e FaceTime quando sono in transito tra i dispositivi”, ha replicato Cupertino.
Mentre la controversia tra Microsoft e le autorità federali è nata nel 2013, quando alla società è stato chiesto di mettere a disposizione alcune email su un sospetto trafficante di droga. L’azienda ha rifiutato, sottolineando che l’ordinanza sarebbe dovuta arrivare da una corte irlandese visto che le comunicazioni di posta elettronica sono memorizzate su un server che si trova a Dublino, e quindi fuori dalla giurisdizione americana. L’udienza davanti ad un giudice della Corte d’Appello federale di New York si terrà domani, e la sentenza è molto attesa perché potrebbe servire alle altre aziende da esempio su come muoversi.
Nel frattempo, già da mesi il presidente Usa, Barack Obama, ha incaricato i funzionari del Dipartimento di Sicurezza Interna, Dipartimento di Giustizia, Fbi e agenzie di intelligence, di proporre soluzioni al problema. Tuttavia, come riporta il Nyt, la Casa Bianca deve ancora articolare una risposta pubblica alla tesi secondo cui una vittoria delle autorità americane nel caso Microsoft fornirebbe ad altri governi stranieri, in particolare a quelli di Cina e Russia, un sistema per ottenere l’accesso ai server situati nel Stati Uniti.
Il vice procuratore generale Usa, Sally D. Yates, ha invece detto al Congresso che “è importante non lasciare che queste innovazioni tecnologiche minino la nostra capacità di proteggere la comunità da sfide significative alla sicurezza pubblica e nazionale”.