Apple tv, sfida sui contenuti. Così la Mela cambia la buccia

La guerra dei big della tecnologia si è spostata dai prodotti ai contenuti. Ma un film o uno sceneggiato hanno costi elevati e alta fallibilità. Crearli in proprio è un gioco con regole del tutto diverse, che forse Apple non conosce ancora bene

Pubblicato il 19 Feb 2016

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Apple sbarca in televisione. E non è una sorpresa. La guerra dei big della tecnologia infatti si è spostata da tempo sul piano dei contenuti, e in particolare quelli video. Amazon produce i suoi telefilm, Netflix è un’azienda di tecnologia ma gioca tutto sui contenuti video anche autoprodotti, Google ha interpretato da tempo e a modo suo il mercato con YouTube e i contenuti generati dagli utenti, mentre Microsoft e Sony giocano (letteralmente) la carta della Xbox e della Playstation, i cui epici blockbuster dell’intrattenimento videoludico sono forme di narrazioni interattive più simili al cinema e alla televisione che non a Pac Man e Space Invaders.

Apple arriva tardi alla festa, ma si sta dando da fare, forte anche di una spettacolare riserva di cash che finora, però, è stata impiegata in modo contraddittorio (come l’acquisizione multimiliardaria di Beats). Ci sono analisti che dicono che Apple avrebbe i soldi e le risorse per finanziare addirittura una scalata all’alleata Disney (di cui la vedova e i figli di Jobs sono complessivamente il primo azionista privato, quasi al 5%) oppure che potrebbe tentare altre strade. E intanto già circolano le notizie sulla prima serie di telefilm, uno sceneggiato in sei puntate, prodotto dall’azienda: “Vital Signs”, interpretata dalla leggenda del rap Dr. Dre (al secolo Andrew Young) co-fondatore multimiliardario di Beats Electronics, divisione di Apple. Potrebbe essere un capriccio di Dr. Dre oppure la prima avvisaglia di una vera strategia.

La competizione di Apple in questo mercato in ogni caso sarà complessa. Anche se l’azienda ha in realtà una lunga esperienza di rapporti con il mondo della musica, per il quale organizza festival (iTunes festival), crea eventi, adesso produce anche canali radiofonici in streaming (Beats One). Perché in generale, nel mondo della tecnologia, Apple è sempre stata un innovatore, che ha messo assieme soluzioni tecnologiche sviluppate da altri (Apple non basa i suoi progetti su ricerca di base come, ad esempio, Microsoft o Hp, ma anche la stessa Google e Facebook) ma adesso si trova a competere in un abito in cui non è più quella che cambia le regole del gioco e vince. O almeno, così sembra, soprattutto perché il mercato dei contenuti per la televisione è maturo e strutturato in maniera forte. Sono quattro anni che Amazon spinge, ad esempio, e solo adesso con alcune serie (tra cui la prima realizzata da Woody Allen, attualmente in produzione) sta iniziando a raccogliere i primi risultati.

Prendiamo la prima serie, “Vital Signs”. Eddie Cue, responsabile per i contenuti di Apple, non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Non è chiaro però se sarà distribuita gratuitamente per gli abbonati ad Apple Music, il servizio musicale a pagamento di Apple, oppure se coinvolgerà distributori esterni magari come Disney o altri, e che tipo di pubblico cercherà. Le indiscrezioni sui contenuti dei sei episodi di mezz’ora parlano di un dark drama, con abbondanti scene di sesso e violenza, ambientato a Los Angeles.

Il problema per Apple è che l’azienda deve inventarsi un Dna che non possiede per entrare in questa nuova arena. Un Dna diverso da quello della musica, che Steve Jobs aveva proposto come veicolo di marketing ma anche come chiave di volta per aprire un mercato (così come, pochi anni prima, Jeff Bezos aveva scelto analiticamente la distribuzione di libri tra venti altre possibili categorie merceologiche di ecommerce). Un Dna diverso da quello dell’innovazione tecnologica, che l’azienda ha saputo governare grazie all’eccellenza dei suoi programmatori e ingegneri, e alla strategia di una ferrea integrazione verticale dei suoi prodotti.

Ma c’è anche altro: la televisione è settore complesso, “sporco”. Invece, alla base della ricetta di Steve Jobs per una spettacolare ripartenza quando nel 1997 tornò alla guida di una Apple all’ora sull’orlo del fallimento, c’è stata la semplicità. Eliminare tutti i prodotti inutili, le duplicazioni, le cose complesse. Less is more: il minimalismo della Apple è stato più che un’estetica dei prodotti: è stata anche una filosofia ispiratrice delle strategie aziendali.

La matrice dei prodotti nel 1999 ad esempio venne ridotta a quattro referenze: due per il mercato consumer (computer destkop e laptop) e due per il prosumer (ancora: desktop e laptop). Il 90% degli accessori era stato cancellato. Poca scelta perché il pubblico non vuole avere dubbi quando si tratta di scegliere prodotti belli, di moda. Perché i dubbi diventano distrazioni e poi non si vende più. Adesso le cose non sono più così. Il nuovo mantra di Apple sembra essere “Life is complex”. Il mercato chiede ad Apple di mutare pelle. E l’azienda lo sta facendo. Decine di prodotti e linee di prodotti, dai telefoni ai set-top-box, dagli orologi ai tablet, dai computer (sette diverse linee di prodotti in almeno tre varianti ciascuna) alle infinite linee di accessori per ciascuna categoria.

Una mutazione che però non è terminata: il catalogo delle referenze non basta più. Dopo gli apparecchi Apple si deve buttare sui contenuti, in particolare sulla televisione. Tutti i grandi della tecnologia stanno giocando questa partita. Il difficile è provare ad essere innovativi, soprattutto considerando che il singolo contenuto/prodotto – uno sceneggiato, un film o un telefilm – ha costi elevati e alta fallibilità. Anche le regole del gioco sono diverse. La macchina delle Pr e il marketing necessari a far decollare una serie televisiva sono molto diversi da quelli per lanciare un prodotto hi-tech. E anche le aspettative del pubblico di utenti/spettatori.

Apple non è nuova alle sorprese: in un anno l’impatto degli Apple Watch sull’industria orologiera svizzera è stato sentito molto chiaramente. Il nuovo iPad Pro, gigantesco tablet con pennino, ha venduto più di tutti i Surface prodotti da Microsoft. Però questi sono prodotti. I contenuti sono un’altra cosa. Finora Apple ha venduto sulla sua piattaforma i contenuti di altri (app, film, telefilm, musica). Creare i propri è un gioco con regole completamente diverse. Che forse Apple non conosce ancora.

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