L'AUDIZIONE ALLA CAMERA

Apruzzese: “Furto di identità digitale, serve una legge”

In audizione alla Camera il direttore della Polizia Postale e delle Comunicazioni esorta a varare un legislazione ad hoc. “Per combattere il fenomeno non funzionano schemi obsoleti”

Pubblicato il 19 Set 2012

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“Il furto di identità digitale non ha oggi una specifica previsione normativa in Italia: sarebbe opportuno dare autonome configurazioni legislative da questo punto di vista”. E’ quanto chiede il direttore del servizio di Polizia postale e delle comunicazioni Antonio Apruzzese, nel corso dell’audizione in commissione Trasporti e Tlc della Camera dei deputati, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla sicurezza informatica delle reti web.

“Occorre sempre più affinare gli strumenti investigativi e migliorare le tecniche di risposta, creando le più intelligenti forme di collaborazione con tutti i settori istituzionali, non ultimo il mondo dei legislatori – esorta Apruzzese – anche per evitare di andare ad arrampicarci sugli specchi, con i magistrati, per cercare di utilizzare schemi un po’ obsoleti sul piano giuridico, per cercare di inquadrare questo fenomeno”.

In Italia, informa ancora il direttore della Polizia postale, “i furti d’identità digitale riguardano i codici di pagamento elettronico, in maniera preponderante; e poi i codici di accesso ai servizi di home-banking. I clienti bancari che subiscono questo tipo di attacchi criminali sono passati dallo 0,06% del 2010 allo 0,16% del 2011; ma il dato è ancora più importante se si considerano le aziende, salendo allo 0,51% in quanto – spiega – le aziende sono assai meno attente dei privati nella gestione dei propri sistemi elettronici e informatici, forse perché non c’è un’adeguata cultura della sicurezza”.

Apruzzese sottolinea poi come “il contagio può passare dai computer ai telefonini”. In particolare, “il virus Zeus è uno dei piu’ pericolosi, denominato anche BotNet. Mentre si guarda il sito della propria banca, appaiono scritte conformi a quelle dell’istituto bancario con le quali si chiede il numero di cellulare e il tipo di telefonino, il modello e la Nazione a cui si appartiene”.

Quindi, prosegue, “dopo aver fornito il dato richiesto, sul nostro telefonino apparirà subito un sms di accoglienza del tipo ‘buon giorno, ben arrivati, stiamo facendo una campagna di sicurezza, vi diamo un link su cui vi daremo una serie di indicazioni per migliorare il sistema della vostra sicurezza’. Una volta aperto il link, noi prendiamo il virus Zeus sul nostro telefonino e il sistema di computer presente è oramai pregiudicato e l’infezione si sposta appunto dai computer fissi ai telefonini, mettendo fine alla nostra privacy: come aver consegnato la chiave di casa al nemico. Il pericolo – avverte Apruzzese – è veramente serio”.

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