L’ingresso di Cdp in Telecom Italia non è più rinviabile. E’ in gioco l’interesse del Paese. In una lettera indirizzata al premier, Matteo Renzi, Asati, esprime serie preoccupazioni sulla strategia che il nuovo azionista di riferimento Vivendi intende seguire in America Latina, con particolare riferimento alla possibilità di influire sulla potenziale vendita di vendere Tim Brasil.
“Si riproporrebbe una scelta strategica non riuscita neanche a Telefonica, che penalizzerebbe fortemente il business di Telecom Italia in quanto Tim Brasil ancora oggi rappresenta una rilevante e decisiva fonte di crescita, in grado di compensare il declino dei ricavi e dei margini sul mercato domestico”, si legge nella nota.
Secondo i piccoli azionisti di TI una scelta strategica “è quella del Piano di Telecom Italia che, è bene ricordare, è l’unico in grado di permettere all’Italia di raggiungere concretamente gli obiettivi infrastrutturali dell’agenda digitale europea (copertura della popolazione con una connettività ad almeno 100 Mbps per il 50% delle famiglie, garantendo al contempo almeno 30 Mbps al 100% della popolazione), di cui TI da sola a fine 2015 e fine 2017 raggiungera’ rispettivamente il 45% e il 75% delle abitazioni”.
Un Piano sfidante – dice Asati che prevede investimenti in Italia, nel triennio 2015-2017, pari a circa 10 miliardi di euro, di cui circa 5 miliardi dedicati esclusivamente alla componente innovativa, con l’obiettivo, al 2017, di raggiungere il 75% della popolazione con la fibra ottica e oltre il 95% della popolazione con la rete mobile 4G.
“Il Governo, quindi, dovrebbe richiedere garanzie al nuovo azionista di riferimento sulle strategie che intende seguire – prosegue la missiva – anche perché le infrastrutture di Telecom Italia rappresentano un asset strategico ai fini della sicurezza e difesa nazionale ed il Governo può esercitare poteri speciali proprio per la tutela di questo asset per gli interessi nazionali.
Asati valuta positivamente lo sforzo finora compiuto il Governo con la definizione della Strategia italiana per la banda ultralarga, con la previsione di un massiccio contributo pubblico per agevolare la realizzazione delle reti a banda ultralarga e di un pacchetto di norme mirate alla semplificazione amministrativa per la posa della fibra ottica.
Ma – a detta di Asati – senza l’apporto decisivo di Telecom Italia “il nostro Paese non potrà raggiungere gli obiettivi dell’Agenda digitale europea, che un investimento mirato a realizzare due reti di nuova generazione in sovrapposizione risulterebbe insostenibile e del tutto inefficiente, che una sola infrastruttura sovvenzionata dal contributo pubblico danneggerebbe gli investimenti privati, distorcendo palesemente la concorrenza”.
“Bisogna, quindi, promuovere le più efficaci sinergie tra il pubblico ed il privato ed una strada da seguire potrebbe essere quella, dell’entrata di Cassa Depositi e Prestiti nel capitale di Telecom Italia, con una percentuale almeno del 10% – evidenzia l’associazione -Tale significativa presenza servirebbe oltre che accelerare la realizzazione della rete a larga banda nazionale, tanto auspicata dal governo anche a vigilare su potenziali possibili speculazioni finanziarie del nuovo azionista di riferimento come ruolo di garanzia. D’altronde anche Andrea Guerra, consulente del premier Renzi, come riportato dai mass media in data odierna,ha ricordato come Deutsche Telecom e Orange siano partecipate dalle rispettive CdP. Una scelta, quindi, già seguita da autorevoli ex incumbent”.