“Sharing economy”, “Internet of Things”, “società a costo marginale zero”. Le parole arrivano dopo, a tentare di definire la velocissima mutazione indotta dalle nuove tecnologie: i modelli di business, le forme e la cultura del lavoro evolvono come mai prima d’ora. Ma la tecnica e i conseguenti nuovi mercati non possono fare a meno del settore pubblico, sia come legislatore che codifichi in un quadro coerente diritti e doveri, sia come agente economico che dia la direzione allo sviluppo.
In generale, per “innovazione digitale”, s’intende sia il potenziamento delle tecnologie digitali già esistenti, sia quel rapporto incrementale che l’applicazione di queste tecnologie è in grado di produrre in diversi campi. Si tratta di due aspetti tra loro complementari che solo letti in combinato possono fornire un quadro d’insieme completo. Sono profondamente convinta che sia di vitale importanza per il nostro Paese investire in questo settore, soprattutto dal momento che una sua componente essenziale è rappresentata da nuovi modelli di business che possono dare nuova linfa a quello tradizionale delle nostre piccole e medie imprese, notoriamente vero motore della crescita economica italiana.
Il riferimento è, ovviamente, alle start-up: un trend in crescita (solo nel 2015 si è registrato un incremento del +9,1%) e diffuso prevalentemente tra gli under 35 (il numero delle start-up under 35 è pari a circa tre volte il numero delle società tradizionali – Tutti i dati, fonte: Infocamere). Per questa ragione, e per la convinzione che l’innovatività delle start-up possa essere ben coniugata con il patrimonio culturale nazionale, come parlamentare mi sto impegnando a portare avanti un progetto di legge – a mia prima firma – in materia di imprese culturali e creative.
L’obiettivo è favorire la crescita sostenibile e inclusiva, la nuova imprenditorialità e l’occupazione, con particolare riguardo a quella giovanile, estendendo parte della disciplina delle start-up innovative (legge 17 dicembre 2012, n. 221 e s.m.i.) a quelle imprese la cui attività inerisce alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all’audiovisivo, nonché agli archivi, alle biblioteche e ai musei. Spero davvero che questa proposta di legge arrivi presto a essere discussa in Aula e che si arrivi alla sua approvazione: digitale e cultura possono essere la chiave di volta per rendere l’offerta pari alla grande domanda di Italia nel mondo.