Giornata di annunci e smentite per il fondatore di WikiLeaks Julian Assange. Con un annuncio che apparentemente indicava la volontà di uscire “presto” dall’Ambasciata dell’Ecuador a Londra, ha scatenato una ridda di ipotesi sulle sue intenzioni di consegnarsi alle autorità britanniche. Invece, poco dopo, la smentita per bocca del portavoce: “Non accadrà niente di tutto questo prima che venga risolto l’impasse sull’estradizione”.
Le dichiarazioni di Assange provenivano dalla conferenza stampa tenuta presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra a seguito dell’incontro con Ricardo Patino, ministro degli esteri della nazione latinoamericana. Alla domanda di un giornalista che chiedeva conferma alle indiscrezioni su una sua prossima uscita dall’ambasciata per essere curato, Assange ha detto: “Posso confermare che sto lasciando l’ambasciata presto, ma forse non per le ragioni che i media suppongono”. Da qui la ridda di voci e smentite su una sua “resa”.
Ad attendere il giornalista australiano fuori dall’ambasciata dell’Ecuador di Londra ci sono un’accusa di stupro depositata nei tribunali svedesi e un non ancora ben definito iter giudiziario presso le corti statunitensi, che fino a un anno fa sembravano intenzionate a comminargli l’ergastolo.
Assange è fondatore di Wikileaks sito che nel 2012 rese noti migliaia di file riservati contenenti dichiarazioni di molti grandi nomi della politica internazionale. Dopo due anni di segregazione all’interno dell’ambasciata ecuadoregna pare che Assange abbia bisogno di cure mediche specialistiche per problemi cardiaci: da qui l’equivoco.
Il DailyMail scrive che l’ambasciata dell’Ecuador aveva chiesto l’autorizzazione per farlo ricoverare, sfruttando un’auto diplomatica come ambulanza, in modo da evitare l’arresto, ma le autorità britanniche avrebbero respinto la richiesta.
Nel corso della conferenza stampa Assange ha ribadito che “i rapporti che mi accusavano erano falsi. Contro di me c’è un’aggressiva indagine da parte degli Stati Uniti”. C’è però da dire che lo scorso novembre il dipartimento della Giustizia Usa aveva dichiarato che non si sarebbe potuto incriminare Assange per le rivelazioni di Wikileaks senza portare in tribunale anche i media americani e inglesi, dal New York Times al Guardian, che hanno diffuso le rivelazioni dell’hacker. “Potremmo incriminare Assange se scoprissimo che ha direttamente hackerato un computer del governo, non per aver ricevuto da Bradley Manning (il soldato condannato a 35 anni di reclusione per aver trafugato decine di migliaia di documenti riservati mentre svolgeva il suo incarico di analista di intelligence in Iraq, ndr) materiale segreto”, aveva fatto sapere una fonte governativa. Anche se manca ancora l’ufficialità di questa decisione, in effetti è lo stesso principio adottato per il caso Snowden. Mentre la talpa dell’Nsa, attualmente rifugiata in Russia, è ricercata dalla giustizia americana, il giornalista autore dello scoop Glenn Greenwald, che comunque per precauzione vive in Brasile, sembra non essere finito nel mirino dei federali Usa. Quindi per Assange rimarrebbe pendente solo l’accusa di stupro in Svezia, suo paese d’origine, dove i giudici lo attendono per un interrogatorio.
L’episodio di oggi arriva in un momento delicato per la sicurezza dei dati e la privacy internazionale. Il dibattito scatenato prima dal caso Wikileaks e poi dallo scandalo Nsa ha causato grandi squilibri sullo scacchiere mondiale, non solo dal punto di vista politico, ma anche rispetto al mercato (ma sarebbe meglio dire ai mercati) dell’Ict. Basti pensare alla stretta che il governo cinese sta imprimendo alle commesse e alle richieste di forniture pubbliche nei confronti di società straniere: a farne le spese, per ora, sono state Microsoft, accusata di aver collaborato col governo americano e per questo estromessa con Windows 8 dagli uffici governativi cinesi. Redmond è al momento anche al centro di un’indagine condotta dall’autorità Antistrust locale che ha coinvolto persino Accenture, partner del colosso informatico.
Il dipartimento centrale di procurement cinese ha poi depennato Symantec e Kaspersky dalla lista dei produttori di antivirus affidabili, mentre i media del Far East assediano grandi brand come Ibm, Google e Apple. Ma anche altri governi, a partire da quello tedesco e quello brasiliano, non hanno negli ultimi tempi nascosto un certo scetticismo nei confronti di alcuni sviluppatori evidentemente giudicati non al di sopra delle parti, quando si tratta di garantire la privacy. La decisione di Assange di consegnarsi alle autorità britanniche, che comporterebbe quasi automaticamente l’estradizione verso i paesi che non gli sono amici, rischia di aprire nuovamente la frattura: cosa potrebbe rivelare un uomo in possesso di così tante informazioni sensibili sotto il torchio degli investigatori americani?