Dall’Ict all’era digitale: un nuovo modo di classificare, misurare e capire il mercato. Il rapporto Assinform si evolve in ottica 3.0 e a partire dall’edizione di giugno 2012 per la prima volta sarà “mappata” in maniera integrata tutta la “filiera” della new economy. “Il mondo delle Tlc e quello dell’IT stanno sempre più convergendo e l’Ict da parte sua è destinato a integrare servizi e contenuti figli del mondo digitale. Dunque è necessario un cambio di approccio nell’analisi dello scenario di mercato, in grado di restituire in maniera corretta quella che è l’evoluzione del mercato stesso e di valutarne l’entità in termini di giro d’affari, ma anche di opportunità”, spiega il presidente di Assinform Paolo Angelucci.
Presidente, le anticipazioni del Rapporto Assinform 2011 evidenziano una progressiva contrazione del mercato Ict a fronte di una crescita esponenziale delle attività web-based. Il mercato dunque soffre da un lato ma dall’altro apre nuove opportunità. Il futuro è “digitale”?
Sta emergendo lo spostamento della domanda verso le tecnologie che valorizzano il web e contenuti. E se è vero che i segmenti emergenti della domanda digitale hanno un valore di mercato ancora troppo basso per compensare il calo delle componenti strutturali dell’Ict tuttavia la nuova ‘visione’ del mercato ha importanti implicazioni di politica industriale per le imprese del settore. La nuova classificazione del mercato Ict come Global Digital Market porta infatti ad una valutazione del mercato di quasi 70 miliardi di euro, ossia circa 11 miliardi di euro in più rispetto al perimetro tradizionale, e attenua la tendenza verso il basso con un trend di -2,2% nel 2011 sul 2010.
Quali segmenti stanno registrando le migliori performance in termini di crescita e di opportunità?
Il segmento software e soluzioni Ict cresce al ritmo annuo di + 1,2% (+0,9% nel 2010/09) fatturando oltre 5 mld e quello dei i contenuti digitali e pubblicità online ha raggiunto un volume d’affari di quasi 7 miliardi di euro, in salita del +7,1%. Inoltre a fronte del calo di Pc, laptop e cellulari, si registra una crescita del 92% delle smart tv, (+125%) dei tablet (+100%), fino al boom degli e-reader il cui mercato è aumentato quasi del 719%, raggiungendo un valore di 131 milioni di euro. Poi il software applicativo cresce complessivamente dell’1,7% grazie alla spinta del +9,9% dovuta alle piattaforme di gestione web e al +11,9% dell’Internet delle cose. E, ancora, si registra un aumento del 34,6% del cloud per un valore di 175 milioni di euro.
Numeri però che non compensano la sofferenza dell’Ict tout court. Che anno sarà il 2012?
Tendenzialmente il sentiment è negativo: si registra un brusco rallentamento degli investimenti a livello generalizzato. E il trend è quello della cautela: se è vero che non si sono cancellati i budget è anche vero che si tende ad aspettare tempi migliori per concretizzare le iniziative. Molte sono infatti ‘congelate’.
Tempi migliori. Vale a dire? È possibile prevedere una ripresa per il 2013?
Purtroppo le stime oramai lasciano il tempo che trovano: lo scorso anno l’orientamento era verso una ripresa progressiva già per il 2012 ma poi le cose non sono andate così. Si naviga a vista e quindi non è più possibile fare stime nel medio-lungo termine. Ma i segnali, ripeto, per il momento non sono buoni, quindi il comparto continuerà a soffrire.
La riforma del mercato del lavoro che tipo di impatto avrà sul settore dell’Ict stando alla discussione in corso?
Qualsiasi irrigidimento sulle forme di lavoro flessibile non potrà che impattare negativamente su un mercato che by definition è ‘mobile’ e a perimetro variabile. Quindi ci auguriamo che la riforma tenga conto delle esigenze di un comparto fra i più importanti in termini di Pil e opportunità di ripresa. Fra l’altro diversamente da altri comparti quello del Ict integrato con il digitale sta dimostrando di essere dinamico in controtendenza rispetto a molte situazioni drammatiche. Quindi è giusto sostenere la mobilità per dare nuove opportunità di lavoro.
Ma esiste un mercato italiano del digitale?
Ci sono molte aziende, in particolare start-up e piccole realtà che stanno dimostrando alte capacità di innovazione. Nell’area del Torinese ad esempio si concentrano una cinquantina di start-up innovative in particolare grazie alle attività del Politecnico e nel Veneto ci sono una trentina di start-up di rilievo. Anche in Lombardia e Lazio si stanno sviluppando iniziative. Insomma la spinta all’innovazione c’è, soprattutto da parte delle nuove generazioni. Ma bisogna sostenere queste iniziative in particolare per renderle competitive a livello globale: quel che manca alle aziende italiane è la capacità di internazionalizzarsi ed è su questo punto che bisogna lavorare affinché si crei un mercato del digitale degno di competere e di diventare una nuova industria, il made in Italy tecnologico.