Esattamente 30 anni fa andava in onda per la prima volta la pubblicità del computer Macintosh. Lo spot, diretto dal regista Ridley Scott, era ispirato al classico di George Orwell “1984” e raffigurava il video di un dittatore (in stile ‘1984’, appunto) che parla a una folla attraverso uno schermo, mentre una atleta (Anya Major) gli corre incontro armata di martello.
Alla fine dello spot la donna distrugge lo schermo, come a simulare la fine di un’epoca, quella del dominio sull’informatica di grandi colossi che limitavano la creatività personale degli individui. Lo spot contribuì a diffondere un messaggio innovativo, di rottura: da quel momento – nell’immaginario collettivo – il pc avrebbe progressivamente smesso di essere collegato solo a laboratori e uffici ma sarebbe divenuto anche uno strumento per lo sviluppo della creatività e per migliorare la propria vita. Alla portata di tutti. Lo slogan finale dello spot, infatti, recita: “Il 24 gennaio Apple Computer introdurrà Macintosh. E vedrete perché il 1984 non sarà come 1984″.
Circa un anno prima Steve Jobs aveva presentato un altro pc, l’Apple Lisa (dal nome di sua figlia), che però non lo aveva soddisfatto: era, appunto, un oggetto per soli professionisti. Per questo l’imprenditore californiano decise in fretta e furia di mettere in piedi un altro gruppo di lavoro, che si dedicò per mesi alla realizzazione di un prodotto che si rivolgesse ad un pubblico più eterogeneo.
Il Macintosh fu pronto solo qualche ora prima della presentazione agli investitori, il 24 gennaio del 1984. Era piccolo, maneggevole, con un aspetto accattivante per l’epoca. Non avrebbe venduto moltissimo ma da quel momento – e dopo il lancio de famoso spot – inizia una rivoluzione culturale, prima che tecnologica. Oggi il fatturato di Cupertino arriva per la maggior parte da smartphone e tablet, del Macintosh rimangono appena poche tracce nei nomi dei computer. In pochi, tuttavia, si sono dimenticati di quel 24 gennaio 1984.