Augusto Abbarchi, Ad di Sap Italia: L’unione fa l’hi-tech

Guardare alla crisi come opportunità per la competitività del Sistema Italia

Pubblicato il 06 Lug 2009

"L’ "era” Brunetta sta creando ‘energia’. Ora
però bisogna capire come canalizzarla al meglio”. Augusto
Abbarchi, amministratore delegato di Sap Italia guarda alla crisi
come opportunità per la competitività del Sistema Italia. E
considera la Pubblica amministrazione il motore della nuova
crescita. “Mettere a disposizione risorse economiche è
indispensabile se si vuol fare innovazione nella PA. Al di là dei
fondi stanziati quelli disponibili sono ancora pochi, ma è
decisamente positiva la volontà di metterli a disposizione. È un
buon punto di partenza. Poi però bisognerà anche capire come e
dove allocare i fondi”.

Ha una ricetta da suggerire a proposito?

Ci sono alcuni pilastri da smuovere: il modo in cui lo Stato alloca
i fondi e controlla la spesa è basato prevalentemente su una
contabilità di cassa e non economica. La contabilità economica
prevede che una volta allocate le risorse si misurino i benefici in
un’ottica di progetto organico. Quel che conta davvero è quindi
capire come vengono utilizzate le risorse e se i progetti producono
risultati reali oppure se c’è una dispersione dello sforzo. Il
problema è innanzitutto di impostazione culturale: bisogna passare
dalla gestione della spesa alla gestione economica, dove il ritorno
dell’investimento si misura nell’efficienza in termini di
servizio.

Investire duque è indispensabile. Ma come si fa in tempi di
crisi?

Partiamo da un presupposto: l’innovazione richiede investimenti.
L’efficienza richiede investimenti. Il mero taglio dei costi in
un’ottica di risparmio spesso si traduce involontariamente in una
riduzione della qualità del servizio, a meno che la riduzione dei
costi non avvenga alla luce di un efficientemento. Ma per
l’efficientamento bisogna appunto investire. La PA, soprattutto
in passato, è spesso partita dal presupposto che efficienza
facesse rima con taglio. Ma non è così: l’efficienza si fa
partendo dalla reingegnerizzazione dei processi organizzativi,
rivedendo le tecnologie a supporto. Se si investe in maniera
corretta è possibile ottenere ritorni anche in tempi brevi.

Può fare qualche esempio?

Pensi alla dematerializzazione: se l’obiettivo è trasferire su
supporto digitale i documenti cartacei non si fa innovazione.
Dematerializzazione vuol dire che tutto il processo di creazione,
gestione e conservazione del documento avviene in digitale. Ed è
su questa ‘funzione’ che bisogna investire altrimenti si
rischia di sprecare risorse e di non ottenere reali benefici.
Ancora: uno dei cavalli di battaglia di Brunetta è stato quello
dei ‘fannulloni’, ma i sistemi informativi per la gestione
delle risorse umane sono assai carenti nella PA. Ci si riduce a
mettere i tornelli. Ma non basta. È importante poter supportare
con le tecnologie determinate operazioni come quella della
valutazione delle prestazioni del personale con sistemi
organizzativi e tecnologie ad hoc.

Non tutta la tecnologia quindi funziona…

Diciamo che l’hardware da solo non risolve. È come avere un pc e
non sapere come usarlo o per cosa usarlo. O realizzare
infrastrutture a banda larga senza senza sfruttarle. La tecnologia
è un abilitatore ma se è ‘vuota’ non ci si fa niente. In
passato però troppo spesso si è confusa l’innovazione con gli
strumenti abilitanti. Un esempio per tutti: quello dei portali
della PA, che mancano di servizi.

Torniamo agli investimenti: gli ultimi dati del rapporto Assinform
evidenziano una brusca frenata della spesa in Ict. Lei è a capo di
una delle maggiore aziende del comparto, che segnali ci
sono?

I dati sono in linea con le aspettative sulla crisi in atto. Ma
direi che sono piuttosto severi rispetto a quanto stiamo
registrando come Sap. Durante il primo trimestre 2009 si è
assistito ad un completo blocco degli investimenti, ma direi che ha
pesato molto la componente psicologica. Ad oggi la sensazione è di
aver raggiunto il punto di fondo. E già si nota un’inversione di
tendenza. Non parliamo certo di ripresa ma ci sono segnali
positivi. Globalmente la quantità di investimento diminuisce ma la
diminuzione sull’anno non sarà cosi vasta. Diciamo che ci sarà
uno spostamento degli investimenti sulla seconda parte dell’anno,
a partire dal terzo trimestre. Un’anomalia soprattutto per
l’Italia considerato che c’è di mezzo la stagione
vacanziera.

Cosa si sta muovendo in concreto?

Nei momenti di crisi o di consolidamento si innescano azioni
anticicliche ‘naturali’. Ad esempio a fronte di fusioni o
merger spesso si generano investimenti sui sistemi informativi. La
crisi spinge anche gli investimenti nei sistemi di controllo della
spesa e dei costi e quelli per la razionalizzazione, come anche in
sistemi di simulazione e pianificazione finanziaria e di business
intelligence.

Anche in Italia sta avvenendo tutto ciò?

In questo momento c’è la possibilità forte per l’Italia di un
recupero di competitività se si decide di recuperare la
‘collaborazione’. L’agilità di un sistema fatto di piccole
entità sarebbe teoricamente vincente nel periodo post crisi ma se
la ‘rete’ non funziona in maniera fluida la collaborazione non
si può esprimere. La mentalità del piccolo imprenditore italiano
è spesso individualista e poco incline alla collaborazione ma la
crisi sta costringendo a ingegnersi e paradossalmente potrebbe
essere abilitante per una collaborazione che prima non c’era. Il
concetto è quello di fare sistema. La voglia di fare sistema oggi
c’è ed è un segnale positivo perché laddove in passato i
distretti si erano creati per frammentazione oggi si assiste a una
sorta di riconcentrazione. Si comincia a collaborare. Per
‘colpa’ della crisi gli imprenditori sono costretti a
collaborare. E si tratta di una grossa opportunità. Assolutamente
da cogliere.

Quali sono le necessità delle imprese?

Oggi per le aziende è importante non solo avere una strategia
chiara ma anche verificare che la strategia venga eseguita nei
dettagli e che ci sia un ritorno reale. Di questi tempi accade che
le strategie vengano riviste anche ogni tre mesi. E le aziende
hanno dunque bisogno di supportare la velocità del cambiamento.
Per le aziende hi-tech il cliente ha un potere enorme rispetto al
passato perché ha la capacità di influire sulla progettazione dei
prodotti e dei servizi. Quindi è determinante mettere a punto
soluzioni in grado di fidelizzare il cliente e renderlo
soddisfatto.

Come si fa?

Principalmente integrando il momento di analisi e formulazione
della strategia con l’esecuzione della strategia stessa. One
shop, one stop. Questa è la mission di Sap: aspiriamo a essere una
sorta di standard per quel che riguarda le applicazioni gestionali.
E grazie all’acquisizione di Business Objects siamo ora in grado
di sostenere le aziende nel pensare le strategie e renderle
esecutive.

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