SCENARI

Auto connesse: non solo hi-tech, la sfida è anche etica

I veicoli iper-tecnologici non dovranno solo “percepire” l’ambiente e muoversi di conseguenza ma anche stabilire la condotta di guida da mettere in atto e in situazioni di pericolo decidere il “male minore”. Ma su quali criteri si baserà la decisione?

Pubblicato il 16 Mar 2015

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Si è svolto in questi giorni a Roma un interessante convegno, organizzato dal Gruppo Unipol, sul futuro dell’auto, “Auto 2025: scenari tecnologici e risvolti assicurativi”.

Siamo nello scenario dell’internet delle cose, in città intelligenti, con case e auto connesse, cittadini costantemente monitorati, nei loro parametri vitali, da orologi e dispositivi indossabili, collegati a “nuvole”. L’auto sarà sempre più dotata di sensori di percezione dell’ambiente circostante, sarà costantemente connessa a informazioni su strade e traffico e potrà, sempre più, fare a meno del guidatore!

Come illustrato, nel corso del convegno, da Alberto Sangiovanni Vincentelli, dell’Università di Berkeley, e Alberto Broggi, dell’Università di Parma, l’auto connessa e che guida da sola è già realtà, la tecnologia è pronta. Magari sarà più facile vedere macchine automatiche girare per le strade della California, come ad esempio le google car, perché in California c’è già una legislazione che lo consente, rispetto all’Europa, però la macchina connessa e con guida automatica è stata messa a punto e testata anche in Italia, come testimonia il video del test su strada fatto a Parma.

Tuttavia, ci ricorda il prof. Broggi, sono ancora molte le sfide aperte e i quesiti da affrontare. Oltre a dotare l’automobile di sensori e connettività per percepire l’ambiente e muoversi di conseguenza, l’auto dovrà prendere decisioni complesse e, a volte, eticamente orientate. Ci saranno momenti in cui sarà l’auto a dover stabilire la condotta di guida da mettere in atto e in situazioni di pericolo decidere il “male minore”. Ma su quali criteri baserà la decisione?

Inoltre, sempre l’auto dovrà tener conto dei diversi contesti dove si troverà a guidare e le specifiche “culture” e “regole comportamentali”, proprie di quei contesti, che daranno vita a specifiche condotte di guida. Ma a chi serve l’auto che guida da sola? A quali bisogni potrà rispondere?

Molti gli scenari ipotizzabili: la delega della guida in situazioni ripetitive e a intenso traffico urbano, il supporto ai guidatori anziani (in una società che invecchia sempre più), la sostituzione di un guidatore che ha bevuto troppo o è molto stanco, la movimentazione delle merci.

Sono situazioni quotidiane a cui la tecnologia potrà dare risposta fornendo soluzioni evolutive, gestendo il problema del traffico e superando gli incidenti dovuti all’errore umano. Però accanto a queste certezze e pensieri razionali sentiamo arrivare anche un dubbio di fondo: che fine farà il piacere di guidare?

Quel piacere di guidare su cui, per anni, la pubblicità della case automobilistiche ha costruito il nostro immaginario? E allora viene da chiedersi come sarà non tanto l’auto del futuro, quanto l’essere umano del futuro. Cosa farà l’uomo del futuro in un ambiente pieno di oggetti digitali, autonomi e connessi? Su quali attività concentrerà la propria attenzione? Come costruirà la propria felicità?

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