La crisi economica non trascura nemmeno le “professioni giuridiche d’impresa”, cioè avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro. Parliamo di oltre 300mila professionisti e di circa 133mila studi, ai quali se ne sommano 15mila di carattere multidisciplinare. Negli ultimi due anni, secondo la ricerca condotta dall’Osservatorio Ict & Professionisti della School of Management del Politecnico di Milano su 1.833 studi professionali, il 57% ha la redditività in calo; tra questi, più della metà addirittura oltre il 10%. Nonostante ciò, solamente un’esigua minoranza (29%) rileva il tempo assorbito dalle attività o dai clienti, o prepara un budget annuale (22%). I controlli sono ancora prevalentemente “sensoriali” e non sentono il bisogno di strumenti più strutturati. Parlare, però, di queste professioni significa pensare alle imprese, che delegano il presidio di delicate attività di contenuto civilistico-fiscale, giuslavoristico, contrattuale, proprio ai loro professionisti.
La seconda edizione dell’Osservatorio si è posta un obiettivo ambizioso: dare un contributo significativo per ricollocare la percezione sulle professioni al di là di un’ottica miope, che ne esalta la specializzazione tecnico-normativa. L’abbondante sistema di micro e piccole imprese avrebbe difficoltà gestionali se non usasse sistematicamente i professionisti. Già questo aiuta a spostare la visione da “verticale” a “orizzontale”, disegnando un continuum lavorativo più evidente tra impresa e professionisti. Ma non basta. Il professionista non può nemmeno essere ritenuto la cerniera tra Stato e cittadino/impresa, quasi spettasse a lui l’onere della semplificazione operativa di un sistema farraginoso e incomprensibile ai “non addetti ai lavori”. È necessario riportare il ruolo a una percezione che ne esalti il “sapere gestionale”, perché da lì si innesca il processo di “contaminazione” verso la piccola imprenditoria, molto tecnica e orientata al prodotto, ma impreparata ad aspetti gestionali. L’hanno capito per primi i clienti, che chiedono ai professionisti più impulso allo sviluppo aziendale.
Emerge un nuovo profilo di professionista? Sicuramente è in atto un progressivo e inesorabile cambiamento che porta ad aggregazioni per integrare l’offerta agli occhi del cliente e per migliorare l’efficienza interna. In tutto ciò un ruolo “forte” lo giocano le tecnologie digitali, vuoi per l’impulso cogente delle norme – la fattura elettronica verso la PA e il processo civile telematico, per fare un paio di esempi – vuoi per un lento moto culturale di alfabetizzazione digitale. L’innovazione digitale, ancora “law driven”, spiega perché il budget medio nelle tre categorie, destinato all’Ict nel prossimo biennio, non superi i 6.300 euro. Di questa somma, però, solo il 25% andrà alla vera innovazione, il resto sarà ammodernamento o adeguamento normativo. Non è un caso che nei prossimi due anni le Ict dei professionisti saranno quelle per la fattura elettronica verso la PA e la conservazione digitale a norma dei documenti (48%). Le vere avanguardie, che usano Ict evolute come portali per la trasmissione e ricezione di documenti o la condivisione di attività con i clienti, software per il controllo di gestione, firma grafometrica, Crm o workflow valgono tra il 17% e il 30% dei professionisti. Allarmante la loro visione per il mondo office: tengono gli scanner, crollano i fax, in declino le stampanti e le multifunzione.
Novità per l’Osservatorio è stata la survey diretta a un campione di 376 micro imprese e Pmi, per conoscere la loro opinione sui professionisti utilizzati. Soddisfatte per i servizi ricevuti (81%), le imprese non si sentono, però, adeguatamente seguite (48%) rispetto ai loro desideri di ricevere “maggiori consigli per lo sviluppo aziendale” (41%) e “informazioni sul loro andamento in anticipo” rispetto a eventi come pagamenti, andamento gestionale (34%). In termini di servizi gli imprenditori desiderano il controllo di gestione (63%), la consulenza finanziaria (61%), la conformità normativa sui processi aziendali (60%). Lo scollamento tra offerta “law driven” e domanda “market oriented” si fa sentire, anche se le imprese nel 47% dei casi sono disposte a investire per rendere più informatizzata la relazione con i professionisti. Chi, per primo, pianterà alcune “bandierine” nel mondo dei servizi digitali, non avrà solo la gloria di uno sterile primato ma anche il riconoscimento di un vantaggio competitivo duraturo.