Con l’avvento del digitale e l’affermarsi sul mercato di fintech e big tech le banche sono chiamate, per rimanere competitive, a ripensare al loro ruolo e a rapportarsi in modo nuovo con i clienti e con i grandi attori emergenti della new economy. Un contesto in cui il sistema italiano è in difficoltà nell’attrarre e trattenere figure specializzate rispetto al resto dei Paesi Ue. Rispetto infatti a una media europea che vede una incidenza delle professioni high-tech nel settore finanziario-assicurativo al 6,5% (dati 2016), l’Italia si ferma al 3,8%, dopo Gran Bretagna (8,8%), Francia (5,9%), Germania (5,8%) e Spagna (5,7%). Ma lo studio prevede che il Paese possa recuperare il terreno perduto, con una crescita delle professioni high tech fra il 2016 e il 2026 del 150%, a fronte di una media Ue del +44%. E’ quanto emerge dallo studio “Le banche del futuro”, realizzato da Ambrosetti Club in collaborazione con Openjobmetis, presentato a Cernobbio alla 30esima edizione del workshop “Lo scenario dell’economia e della finanza”.
L’aspetto delle competenze sarà fondamentale, dal momento che, quale che sia la forma del futuro ecosistema finanziario e il tipo di relazione tra i diversi attori, le banche dovranno ripensare le modalità di relazione col cliente secondo un approccio customer-centrico, e affrontare la trasformazione digitale sfruttando le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e dotandosi di architetture IT open. Questo significherà, in termini di risorse umane, il reclutamento di nuovi talenti e la trasformazione del personale interno.
“Nella Banca del Futuro, la conoscenza e la relazione con il cliente resteranno un asset fondamentale per le banche – sottolinea Rosario Rasizza, amministratore delegato di Openjobmetis – L’evoluzione tecnologica sta però cambiando il rapporto tra aziende, clienti e banche: ciò richiederà al personale dedicato alle attività di front- e back-office nuove competenze, sia tecnologiche che relazionali, soprattutto nei servizi a valore aggiunto. Su tale punto occorre un deciso cambio di marcia nella ridefinizione dei curricula di studio del sistema formativo secondario superiore e terziario italiano, affinché si possa colmare l’attuale mismatch tra domanda e offerta nel mercato del lavoro nazionale”.
“Il passaggio a un’economia in cui gli investimenti in asset intangibili prevalgono su quelli in asset tangibili è cruciale per il sistema bancario – sottolinea l’ex ministro dell’economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, advisor della ricerca e componente della V Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei Deputati – ciò determina una modifica importante nella domanda e nell’offerta di servizi finanziari, cui potenzialmente si aggiungono nuovi servizi a valore aggiunto che non appartengono al perimetro tipico delle aziende bancarie, ma che sono abilitati da una più ampia ricerca e valorizzazione dei dati dei clienti”.
Inoltre, emerge dalla ricerca, se in passato gli asset tangibili, come l’infrastruttura IT legacy e la rete degli sportelli, erano un punto di forza e una “barriera all’entrata” per i nuovi concorrenti, con la rivoluzione tecnologica in atto oggi si sono trasformati in barriere all’uscita, che possono frenare l’innovazione e mettere a rischio il ritorno economico degli operatori incumbent.
“Oggi le banche tradizionali devono cambiare il proprio Dna, traendo ispirazione dai modelli di business delle aziende Fintech, più dinamiche e snelle – afferma Valerio De Molli, managing partner & Ceo di The European House – Ambrosetti – Le Fintech nascono per soddisfare un bisogno specifico di uno specifico segmento di clienti e, facendo un uso intelligente dei dati delle aziende clienti, riescono a coprire nuovi segmenti dei servizi finanziari fino ad offrire servizi a valore aggiunto, spesso rivolti al mondo bancario stesso”.
Dieci le raccomandazioni che The European House Ambrosetti rivolge ai polcy maker e alla leadership del sistema bancario, a partire dall’eliminazione delle forme di “penalizzazione” regolamentari che rendono meno conveniente per le banche investire in asset intangibili. Poi si consiglia di stimolare un’offerta di servizi che supporti le piccole e medie imprese che vogliono investire in asset intangibili, e definire e implementare una regolamentazione omogenea a livello europeo per gli operatori finanziari e non. Al quarto punto la definizione di nuovi modelli collaborativi per guidare la trasformazione digitale del settore, e a seguire la predisposizione di meccanismi per facilitare la diffusione dell’Open Innovation nel settore bancario, presidiando i rischi su governance e security nel nuovo contesto competitivo. Infine rafforzare l’attrattività delle banche incumbent verso i “talenti digitali”, ripensando il “patto di lavoro”, favorire l’evoluzione del sistema dell’istruzione nazionale, per migliorare la capacità di fornire profili idonei alla competitività, diffondere la “cultura di aggiornamento permanente” come leva di professionalizzazione individuale e prevedere incentivi finanziari per contenere gli effetti quali-quantitativi della trasformazione competitiva.