IL PIANO

Banda larga, Calcagno: “Il governo lasci la scelta alle telco”

L’Ad di Fastweb interviene alla vigilia del Cdm sul piano ultrabroadband: “Positivo che Palazzo Chigi abbia confermato gli obiettivi di copertura nel rispetto dell’Agenda digitale europea”

Pubblicato il 02 Mar 2015

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“Abbiamo detto in tutte le sedi di consultazione che gli obiettivi del governo sono del tutto condivisibili, ma gli standard tecnologici con cui raggiungerli devono essere lasciati alle scelte industriali delle aziende”. Lo ha detto in una nota Alberto Calcagno, Ad di Fastweb, con riferimento al piano per la banda ultralarga che sarà domani al Consiglio dei Ministri.

“Mi sembra molto positivo”, ha proseguito il top manager, “che il Governo abbia chiarito che il piano si focalizzerà sugli obiettivi di copertura e diffusione della banda ultralarga nel rispetto dell’Agenda Digitale Europea. “Fastweb – ha sottolineato Calcagno – sta contribuendo sostanzialmente al raggiungimento degli obiettivi e sta già implementando un piano per raggiungere 100 città con velocità sino a 500 megabit. Visti i piani dei principali operatori, mi sentirei di dire che ci sono tutte le condizioni per raggiungere e addirittura anticipare gli obiettivi dell’Agenda Digitale”.

Anche per gli analisti di Equita Sim “obiettivo del governo deve essere la performance della rete consegnata ai cittadini e non già la tecnologia sottostante, che evolve e muta nel tempo e crediamo che alla fine l’interesse del governo alla banda larga sarà una opportunità”.

Oggi la tecnologia Fttc “consente la copertura con prestazioni anche superiori ai 100mps e pertanto la costrizione a un eventuale Ftth sarebbe uno spreco di risorse e un danno per Telecom Italia, calcolabile in alcuni miliardi”. È quanto rilevano gli analisti di Equita Sim in un report odierno, in vista del Cdm di domani che discuterà del piano a banda larga e che, secondo indiscrezioni di stampa, potrebbe prevedere l’obbligo di passare all’architettura Fiber-to-the-home, con la contestuale rottamazione della rete in rame entro il 2030.

Il sottosegretario Antonello Giacomelli ha chiarito, nei giorni scorsi, che “i provvedimenti che saranno adottati dal governo si limiteranno ad applicare il Piano banda ultralarga per stimolare gli investimenti di tutti gli operatori”.

“Non sará presentato alcun decreto su Telecom o che imponga arbitrari spegnimenti della rete in rame – ha spiegato, smentendo le indiscrezioni di stampa che parlavano di uno switch off del rame – Gli obiettivi del piano del governo restano quelli europei: 30 Mbps al 100 per cento della popolazione, 100 Mbps al 50 per cento entro il 2020. Martedì dunque verrà adottato il Piano, apprezzato nella consultazione pubblica da tutti gli operatori e giudicato serio e ambizioso dagli osservatori europei; nelle prossime settimane verranno adottati tutti i provvedimenti attuativi volti a favorire gli investimenti ed aiutare la compiuta realizzazione del piano stesso per il raggiungimento degli obiettivi europei”.

Inizia dunque il conto alla rovescia per il Cdm che domani dovrebbe varare il piano per la banda ultralarga. Il documento finale dovrebbe contenere le linee guida per la realizzazione del catasto delle infrastrutture ossia del database in cui saranno incluse tutte le infrastrutture del suolo e del sottosuolo (tralicci energia elettrica, tubature gas, rete idrica e fognaria) con l’obiettivo da individuare quelle utilizzabili per facilitare la posa dei cavi in fibra da parte delle telco ma anche per abbattere i costi stessi della posa, almeno nell’ordine del 20%. Secondo quanto si apprende, dal prossimo anno tutte le società che realizzano infrastrutture dovranno fare confluire le stesse nel database.

E sempre secondo quanto risulta a CorCom il governo punterebbe sulla defiscalizzazione anche nelle aree nere per spingere la realizzazione delle nuove reti anche nelle aree a forte concentrazione di investimenti in particolare facendo leva sull’upgrade delle connessioni da 30 Mbps a 100 Mbps che per non cadere nelle maglie delle normativa europea sugli aiuti di Stato devono prevedere un “upgrade tecnologico”.

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