INVESTIMENTI

Banda larga, Tiscar: “Telco smettano di litigare o la rete la farà lo Stato”

Ma il ministero dello Sviluppo economico smentisce: “Nessun piano del governo sullo switch off del rame”

Pubblicato il 16 Dic 2014

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“Purtroppo siamo figli del passato e scontiamo il fatto che da lungo tempo siamo privi di un piano industriale sul digitale. Le autority hanno svolto un ruolo di supplenza che non è il loro ruolo: non si può far nascere dalla regolazione una politica industriale. Ma se ora gli operatori non dovessero mettersi d’accordo e dovessero continuare a litigare qualcosa bisognerà fare. Il Governo non può rimanere con soldi che nessuno utilizza. L’ultima soluzione è che il pubblico si rimbocca le maniche e l’Infratel di turno realizza la rete in via sussidiaria”. Lo ha detto Raffaele Tiscar, vice segretario generale alla Presidenza del Consiglio, parlando del piano di Governo sugli investimenti in banda ultra larga. “Il Governo non fa una scelta sulla governance – ha aggiunto parlando a un convegno alla Luiss – abbiamo messo sul piatto risorse, destinate a chi accetta i rischi dell’investimento, ma non entriamo nelle scelte organizzative”.

Tuttavia, ha aggiunto Tiscar, “se dovessimo constatare che gli operatori non si mettono d’accordo (e piccoli, scalcagnati, di per se’ non si mettono d’accordo)”, allora, ha sottolineato, bisognerà fare qualcosa a livello pubblico. L’auspicio che gli operatori trovino un accordo, ha poi spiegato, comunque “rimane”.

“Abbiamo bisogno di una politica industriale nazionale che incentivi la domanda, e che promuova Internet come modalità principale per gestire la vita quotidiana – ha detto – Se non c’è un piano del Governo, o come incentivazione o come intervento diretto, l’infrastruttura non si farà mai. Spendere soldi pubblici per la realizzazione dell’infrastrutturazione è un must: è successo per la rete in rame, per le ferrovie, e bisogna continuare”.

“Dobbiamo iniziare a pensare che alcune cose a partire da una certa data non si potranno fare, ad esempio che da un certo momento in poi avrà valore soltanto la carta d’identità elettronica, e allo stesso modo dovremo prendere consapevolezza del fatto che da un certo momento in poi anche certe infrastrutture non si potranno più utilizzare. Se vogliamo essere seri bisogna dirselo: si può dire che il rame da un certo momento in poi, anche se un momento molto lontano, non bisognerà più utilizzarlo”.

“A chi poi ci chiede perché la nostra scelta ricada sull’Ftth, rispondiamo che l’Fttc non consente di raggiungere gli obiettivi dell’agenda digitale Europea, e che se vogliamo portare a casa il risultato bisogna andare oltre il cabinet. Nelle aree urbane non ha senso fare l’Fttc, per poi superarlo e fare l’Ftth spendendo di più”.

Poi Tiscar ha risposto a chi apostrofa il Governo dicendo che non tiene abbastanza in considerazione i piani degli operatori. “Siamo ultimi, e siamo l’Italia – ha detto accalorandosi – Non si possono pietire ed elemosinare i piani industriali degli operatori. E’ il piano industriale del Governo che orienta quelli degli operatori, e non viceversa”.

“Non sarà facile spendere i fondi, perché finora non ha mai scavato nessuno – ha concluso Tiscar – Ma risollevare la domanda è molto più difficile. Il terreno di scontro sarà quello della domanda di servizi. Si otterranno risultati soltanto con due condizioni: determinazione politica nelle scelte e continuità nel tempo”.

Sullo switch off del rame a cui ha accennato Tiscar è però arrivata la smentita del Mise. “Non c’è nessun piano del Governo per lo switch off (spegnimento, ndr) della rete in rame”, dichiarano a Radiocor fonti del ministero dello Sviluppo economico, aggiungendo che il piano di investimenti sulla banda ultra larga “è quello presentato e ora in consultazione. Non ci sono né allegati né retropensieri. L’esigenza è quella di recuperare in fretta il ritardo sulla banda ultralarga secondo gli obiettivi fissati a livello europeo”.

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