Il ritardo italiano in termini di diffusione della banda ultralarga origina dalla mancanza della tv via cavo e di una competizione infrastrutturale. Fastweb dalla sua nascita ha costituito l’unica concorrenza infrastrutturale esistente nella banda larga in Italia. Per mantenere incentivi all’innovazione nel lungo periodo è necessario che gli obiettivi dell’Agenda digitale siano raggiunti favorendo lo sviluppo di più reti in competizione tra loro.
Sostituire il modello competitivo con un approccio di “rete unica” reso possibile dall’erogazione di aiuti di stato in aree competitive sembra non essere la soluzione per traghettare l’Italia in un futuro digitale. Anzi, avrebbe effetti avversi, perché invece di coprire le aree a fallimento di mercato, si concentrerebbero le risorse esistenti sulle aree già infrastrutturate, creando un’Italia a due velocità e scoraggiando gli investimenti privati.
La strategia già approvata dal Governo risulterà efficace alla luce degli impegni presi dagli operatori privati se confermerà l’approccio di neutralità tecnologica del piano e ribadirà che gli obiettivi posti dal governo sono in termini di performance, non di architettura di rete. Inoltre, concentrando le risorse esistenti sulle aree a fallimento di mercato, il Governo potrà agire in modo complementare e non sostitutivo all’azione dei privati e garantirela copertura al 100% delle reti a banda ultralarga, come richiesto dagli obiettivi europei. Infine, il Governo non può prescindere da azioni volte a stimolare alla domanda di servizi a banda ultralarga. La domanda è oggi il vero anello debole: al momento meno del 10% delle famiglie raggiunte dalle nuove reti sottoscrive un servizio a banda ultralarga.