LA RELAZIONE

Banda ultralarga, Corte dei Conti: “Troppa burocrazia. Così non va”

Dalla relazione sull’attività Infratel 2007-2015 emerge sì un forte abbattimento del divide, ma anche un andamento al ralenti nella realizzazione delle nuove reti dovuto al rilascio dei permessi dagli enti amministrativi. Già accumulato ritardo sulla roadmap. Ed è ancora al palo il Sinfi

Pubblicato il 10 Feb 2017

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“L’intervento pubblico ha contribuito alla notevole riduzione, nel nostro Paese, del digital divide riferito all’uso della banda larga”. Ma di contro si registrano “ritardi nella realizzazione delle infrastrutture, dovuti prevalentemente alla abnorme durata dei procedimenti di rilascio dei permessi degli enti proprietari delle aree attraversate dalle nuove infrastrutture”. È uno scenario a luci e ombre quello che emerge dalla relazione della Corte dei Conti – presentata al Parlamento – sull’attività svolta da Infratel nel periodo 2007-2015, relativamente all’esecuzione del programma di investimenti pubblici per le realizzazione delle infrastrutture per le comunicazioni a banda larga nelle zone a fallimento di mercato. La Corte si è inoltre espressa in merito allo stato di attuazione del programma d’investimenti per la banda ultralarga iniziato nel 2013 e di quello ancor più recente approvato dal Governo nel 2015 (Strategia italiana per la banda ultralarga).

Se nel 2005, il divario broadband ammontava al 15%, alla data del 31 dicembre 2015 esso si è ridotto all’1,03 %, con riferimento alla popolazione telefonica di rete fissa e reti wireless; appare, dunque, che il divario si è ridotto di 13,97 punti percentuali, emerge dall’indagine della Corte. Ma il piano nazionale delle infrastrutture a banda larga, che secondo le previsioni avrebbe dovuto essere realizzato, orientativamente, nel triennio 2011-2013 – si legge nel report – presenta un ritardo, la cui causa principale è costituita, secondo il Mise, dai tempi eccessivamente lunghi per il rilascio dei permessi da parte degli enti proprietari (comuni, province, Anas e Rete ferroviaria italiana) delle aree interessate dalla realizzazione delle nuove infrastrutture.

Secondo Infratel – si legge ancora – ad incidere sul corso della realizzazione delle opere non sono tanto i tempi medi di rilascio dei permessi, ma singoli casi di durata eccessiva dei procedimenti che da soli possono comportare gravi ritardi di realizzazione di interi tratti di rete. Altre cause di ritardo sono attribuite a contenziosi instaurati dalle imprese partecipanti alle gare d’appalto o dai proprietari delle aree interessate dai lavori di scavo, all’erogazione discontinua delle risorse finanziarie occorrenti, e, infine, alla realizzazione di opere originariamente non programmate. La Corte raccomanda dunque “di mettere in atto ogni opportuna misura volta a stimolare sia gli enti proprietari sia le imprese, tenute, per contratto, a curare le richieste dei permessi, affinché siano ridotti i relativi tempi, tenuto conto dalla riconosciuta natura delle infrastrutture in argomento di opere di urbanizzazione primaria e dell’esistenza di una normativa apposita (art. 88 del Codice delle comunicazioni) volta proprio ad abbreviare i tempi dei permessi stessi”.

Non solo: “In ordine ai profili economici della gestione, si reputa che il Mise debba valutare la sussistenza di margini per la riduzione dei costi di funzionamento connessi agli interventi infrastrutturali in esame gravanti sul bilancio dello Stato”. Secondo la Corte dei Conti Infratel dovrebbe fare meno ricorso alle consulenze esterne “ove non strettamente necessari”. Si raccomanda inoltre al Mise di “verificare che il contratto per la fornitura di servizi aziendali tra Infratel e Invitalia comporti l’effettivo risparmio del costo di personale per le attività di staff corporate (legale, risorse umane, comunicazione, rapporti istituzionali, amministrazione e bilancio, servizi informativi) nonché il risparmio degli altri costi di gestione destinati a gravare sui programmi per la banda larga e ultralarga”.

La Corte accende i riflettori anche sulla realizzazione del catasto delle reti: “Si rileva il ritardo, rispetto alla direttiva n. 2014 /61/Ue (peraltro recepita solo con d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 33), della realizzazione del Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture. Solo molto di recente, nel giugno 2016, è stato pubblicato sulla G.U. il decreto attuativo da parte del Mise. Nel prendere atto del resoconto sulle attività svolte per la realizzazione del Sinfi esposto con relazione prodotta dopo l’adunanza pubblica, si raccomanda ad Infratel l’avvio concreto del sistema in tempi rapidi e al Mise di vigilare al riguardo”.

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