“Nel piano della banda ultra larga ci sono 6 miliardi di risorse pubbliche che, confidiamo, possano attivare 6 miliardi di risorse private, per un totale di 12 miliardi”. Lo ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, a margine di un convegno, riferendosi al piano sulla banda ultra larga messo a punto dal Governo.
Le saranno utilizzate con modalità diverse in base ai 4 cluster territoriali in cui è stata suddivisa l’Italia ai fini degli obiettivi di copertura. Quattro miliardi arriveranno da fondi comunitari gestiti a livello nazionale (Fondo sviluppo e coesione), due miliardi da fondi Ue di competenza regionale (Fesr e Feasr): 6 miliardi in tutto di risorse pubbliche ai quali sommare fondi eventualmente attivabili con il piano Juncker e 2 miliardi di investimenti privati già pianificati.
Sul fronte delle risorse private la partita è più complessa. Stando a quanto risulta a CorCom in forse la copertura per gli incentivi fiscali 2015 sulla banda ultra larga, previsti dallo Sblocca Italia, mentre è già quasi scaduto il termine – 31 marzo – entro il quale gli operatori devono prenotare le aree su cui investire. Dovranno farlo su una piattaforma Infratel, sul sito del ministero dello Sviluppo economico, ma è tutto bloccato in assenza del decreto attuativo.
Lo Sblocca Italia prevedeva incentivi fino al 50%, ma tocca al decreto attuativo assegnarli e prevedere una misura precisa (che, secondo alcune ipotesi, potrebbe essere contenuta tra il 30% e 40%). Fonti del ministero fanno sapere al nostro sito che la norma soffre di due difetti all’origine. Da una parte, non fissa un massimale in valore assoluto da coprire ma solo una percentuale da defiscalizzare, rendendo difficile per la Ragioneria stimare un impatto preciso. Dall’altra, lo Sblocca Italia ha indicato che la misura non avrebbe un reale impatto sulle finanze pubbliche poiché gli investimenti banda ultra larga sono portano a nuovi introiti fiscali per lo Stato. Insomma lo Stato dovrebbe rinunciare a entrate fiscali che senza quegli incentivi non avrebbe comunque perché gli operatori non investirebbero in banda ultra larga. Un’acrobazia argomentativa che, anche se fondata sul piano teorico, rende formalmente difficile adesso, praticamente, trovare una copertura per questi incentivi.
E senza chiarezza sulle defiscalizzazioni che possono ottenere, gli operatori hanno difficoltà a decidere su quali aree investire. A questo si aggiunge un’altra incertezza: il via libera dell’Europa. Le agevolazioni riguardano le aree su cui gli operatori non hanno piani a 30 o a 100 Megabit. Comprese quelle dove intendono fare solo reti “fibra fino agli armadi”. Qui dovrebbero avere diritto agli incentivi i soggetti che intendono portare i 100 Megabit “sicuri” (ossia con fibra fino alle case). Non è detto che la Commissione europea accetti questo tipo di incentivo: la sua risposta è attesa nelle prossime ore.