“Le regole attuali per gli incentivi fiscali sulla banda ultra larga non premiano chi è più efficiente ma chi spende di più”. “Va rivisto l’approccio per i bandi Infratel. Ne servono alcuni focalizzati sulla copertura delle imprese”.
Luca Spada, amministratore delegato di Ngi-Eolo, l’imprenditore che qualche giorno fa ha chiesto al premier Renzi un chiarimento sui ritardi degli incentivi fiscali, estende la critica a vari aspetti del piano banda ultra larga.
Spada, il premier l’aveva rassicurata a maggio sull’arrivo degli incentivi. Ma tutto è ancora fermo. Che ne pensa?
I ritardi nell’approvazione dei decreti attuativi relativi al Piano nazionale banda ultra larga hanno generato una situazione di “Wait&See” da parte degli operatori telco che hanno sospeso gli investimenti in attesa di avere una maggiore comprensione degli sviluppi a livello legislativo. I ritardi possono tuttavia essere sfruttati per apportare degli importanti miglioramenti utili a incrementare la diffusione di banda larga e ultra-larga: in primo luogo, infatti, i rinvii hanno consentito la riapertura della consultazione pubblica avviata da Infratel. Operatori come noi, che hanno investito notevoli risorse per incrementare la copertura della rete Eolo, sono in tal modo messi nelle condizioni di chiarire il reale stato di copertura di molti comuni italiani. Si può così evitare che gli investimenti pubblici generino distorsioni competitive, andando ad incentivare gli operatori in aree dove altri sono già presenti con iniziative autonome e investimenti privati. Un’altra opportunità è di ripensare e ridurre le soglie minime di investimento per le agevolazioni fiscali. Con le regole attuali non si premia chi è più efficiente o usa la tecnologia con il miglior rapporto costi benefici ma chi spende di più. Le soluzioni wireless, a parità di popolazione coperta, permettono di avere costi più bassi di quelle su cavo e sono più indicate in molte aree geografiche. Il ritardo dovrebbe anche permettere una nuova riflessione sulle priorità di intervento, ovvero le aree caratterizzate da condizioni di mercato più difficili (aree rurali e sub-urbane, i cluster C e D della Strategia Italiana per la Banda Ultra Larga): l’individuazione puntuale di tali aree permetterebbe di evitare lo spreco delle già limitate risorse economiche per finanziare interventi in aree ad alto potenziale di profittabilità dove gli operatori investirebbero autonomamente.
Quali altri strumenti bisognerebbe far partire?
L’accesso al credito agevolato per investimenti infrastrutturali può certamente aiutare la diffusione di banda larga e ultra larga. Sarà però fondamentale, in fase di definizione del fondo di garanzia, tener conto che il settore delle telecomunicazioni in Italia si basa anche su numerosi investimenti di entità media e piccola: bisogna pertanto far sì che il fondo abbia gli strumenti adatti a coprire questi casi. Ancora un volta, poi, è indispensabile dare una priorità agli interventi, privilegiando gli investimenti nelle aree rurali e sub-urbane, quelle aree che sarebbero altrimenti penalizzate perché meno interessanti come mercato.
Voi avete vinto alcuni bandi per la banda larga contro il digital divide. Mentre su quelli banda ultra larga ha dominato Telecom Italia. Va rivisto qualcosa anche in questo ambito?
Al fine di favorire il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla Strategia Italiana per la Banda Ultra Larga, il Governo dovrebbe rivedere l’approccio utilizzato in passato, ad esempio nella stesura dei progetti del Piano Eurosud. Bandi economicamente troppi grandi, che di fatto hanno dimostrato che un solo operatore è in grado di partecipare e bandi e incentrati interamente sulla costruzione dell’infrastruttura: al contrario la necessità primaria per le imprese è avere reale disponibilità del servizio. Andrebbero pensati piani con lotti di dimensioni minori che incentivino il co-investimento finalizzato alla copertura con il servizio, così come previsto dai più recenti bandi Infratel per il superamento del digital divide di prima generazione.
Ricordiamoci, inoltre, che le imprese spesso non sono nei centri cittadini e nelle aree densamente popolate ma nei distretti che spesso rappresentano vere e proprie eccellenze industriali per il Paese.
In particolare voi potreste svolgere un ruolo nei cluster C e D. Che cosa vi preoccupa, in questo caso?
Nel processo di implementazione del Piano nazionale Banda ultra larga, è fondamentale evitare uno sviluppo a doppio binario che penalizzi le aree con condizioni di mercato difficili se non a fallimento (i cluster C e D individuati dal Piano). Una simile disomogeneità porterebbe alla creazione di nuove forme di digital divide. L’errore è già stato commesso con l’Adsl che ha visto aree del paese che hanno avuto accesso alla banda larga 15 anni dopo i primi e, addirittura, zone del paese dove ancora oggi non è disponibile.
Una delle soluzioni è quella di impiegare in queste aree tecnologie complementari alla fibra ottica come, ad esempio, il wireless fisso. Tuttavia, un’efficace realizzazione di tali infrastrutture tecnologiche necessita di un concreto supporto da parte delle istituzioni: l’Agcom deve rapidamente chiudere il procedimento sulla banda 3.6-3.8 prevedendo un’assegnazione riservata agli operatori di wireless fisso; il Governo e il Ministero dello Sviluppo Economico devono dare applicazione a quanto previsto nel Piano e destinare frequenze sufficienti agli operatori fissi wireless in cambio del raggiungimento di obiettivi di copertura di pubblico interesse.
Venendo a voi: quali saranno le vostre prossime mosse in fatto coperture e investimenti?
Siamo molto impegnati nello sviluppo della rete e abbiamo un piano di investimenti molto importante. Stiamo investendo 84 milioni di euro (periodo 2014-2016) per l’espansione e il potenziamento della rete Eolo. Un’area molto importante di sviluppo è rappresentata dalle regioni dove ci siamo aggiudicati i bandi emessi dal Mise/Infratel: Liguria, Emilia Romagna, Umbria e Marche e dove stiamo portando la banda larga. Ovviamente siamo attivi anche nelle altre regioni del nord e centro Italia dove siamo presenti per potenziare la rete e aumentare la copertura. Oggi possiamo fornire collegamenti a 30 Mbps in 4000 comuni sui 4500 coperti da Eolo, in 11 regioni del Paese. Oltre che in infrastruttura investiamo molto in ricerca e sviluppo e lo facciamo in Italia, il protocollo wireless che utilizziamo in rete, Eolowave, è frutto della nostra ricerca interna. Un progetto nuovo e assolutamente rivoluzionario nel quale siamo impegnati è una piattaforma di Software Defined Networking (SDN) che aprirà possibilità di espansione ed efficienza per la rete assolutamente irraggiungibili oggi.